Covid19 e l’incidente da laboratorio: insabbiamento di una possibile origine
Da dove è spuntato il virus? Mentre ci chiudevamo in casa per evitare l’ondata di contagi, questa domanda, nel nostro inverno 2020, affollava la mente di ognuno. Una risposta venne da Spillover di David Quammen, un libro inchiesta del 2012 in cui l’autore segue i “cacciatori di virus”: biologi che esplorano gli habitat più selvaggi alla scoperta di vettori capaci di scatenare mortali pandemie. Le notizie da Wuhan, dove il virus è stato intercettato, identificavano il mercato del pesce di Huanan come l’epicentro dello spillover: il passaggio all’essere umano di un coronavirus, tipico dei pipistrelli, attraverso un corpo intermedio, definito host; lì si vendevano anche specie selvatiche, vive o macellate in loco. Ecco che la riflessione più comune riguardava il rapporto uomo/natura: l’invasione dei santuari animali e lo sfruttamento degli ecosistemi; sullo sfondo, un cambiamento climatico antropico che ridisegna i confini della civiltà nell’ambiente.
La caccia ai virus pandemici, al fine di neutralizzarli, aveva preso piede dopo l’insorgenza della Sars (sindrome respiratoria acuta grave): tra il 2002 e il 2004 un coronavirus, poi rintracciato nei pipistrelli dello Yunnan, in Cina, si trasmise all’uomo. I contagi furono 8000, con un tasso di mortalità del 10%, prima che il virus si inabissasse. Il mondo scampò al pericolo; e si accelerarono gli studi di virologia per prevenire o curare gli effetti del “big one”: la diffusione di un virus nell’intera popolazione globale.
Proprio nel 2003 il Governo cinese, in collaborazione con la sanità francese, finanziò l’Istituto di Virologia di Wuhan (WIV) per la costruzione di LB4; laboratori con il massimo apparato di biosicurezza dove trattare virus letali: come la Sars, l’Aviaria, l’Ebola. Gli LB4 sono operativi dal 2018; ma al WIV, fondato nel 1956, si conducono da sempre studi sui virus in ambienti con livelli di sicurezza inferiori. Lì lavora Shi Zheng-Li, fra i massimi esperti mondiali di virologia, in particolare della Sars: fu il suo team a scoprire la specie di pipistrello all’origine dell’epidemia del 2003, e gli zibetti d’allevamento come animale host. Da allora il WIV è stato all’avanguardia, raccogliendo esemplari dalle regioni remote dell’Asia: il focus era sulle proteine spike dei coronavirus, per capire come si allacciano alle cellule. Il passo successivo è stato la manipolazione genetica: ricreare in vitro il passaggio a potenziali host, come i roditori, e osservare le conseguenze.
La pericolosità di questi esperimenti salì alla ribalta nel 2012 con il caso di Ron Fouchier e i suoi esperimenti su H5N1, o Aviaria, virus degli uccelli ad alto tasso di mortalità; Fouchier e il suo team lo hanno reso trasmissibile tra mammiferi; di fatto creando un nuovo serbatoio potenzialmente devastante. La definizione per questi esperimenti è “Gain of Function”: dotare il virus di funzioni che non possiede in natura; o che impiegherebbe decenni per svilupparle, saltando specie e passando da organismo a organismo.
Nel 2014 il Governo degli Stati Uniti impose una moratoria su tali esperimenti, congelando l’erogazione di fondi del NIAID (Istituto Nazionale di Allergie e Malattie Infettive) guidato da Anthony Fauci. La parola passò al NSABB, Comitato Scientifico per la Biosicurezza, per sviscerare la questione: con l’obiettivo di rimodulare concetti e campo del “Gain of Function”, e valutare il rapporto rischi/benefici. La moratoria bloccò i progetti di vari team in tutto il mondo, partner dei laboratori americani, e destinatari di fondi ricevuti tramite società con base negli Stati Uniti. Come Eco Health Alliance (EHA) di Peter Daszak: suoi i progetti presentati al NIAID per ottenere finanziamenti, poi sviluppati a Wuhan; come la caccia ai virus di cui si parla in Spillover. Spesso questi progetti prevedevano la collaborazione dei Laboratori dell’University of North Carolina – alma mater di Frances Collins, dal 2009 al 2021 Direttore della NIH, Istituto Nazionale della Sanità che incorpora il NIAID.
E’ proprio il Direttore dei Laboratori della University of North Carolina, Ralph Baric, ad aver consegnato ai team di Zheng-Li le più avanzate tecniche di manipolazione genomica; in particolare la “reverse genetics”, ovvero ricreare un virus da una sequenza genetica. I risultati di una ricerca di “reverse genetics” condotta a Wuhan, con la guida di Baric e Zheng-Li, sono stati pubblicati nel 2015: la coltura di un coronavirus chimerico che causa Sars, e il contagio di piccoli mammiferi per monitorarne gli effetti – questo, in piena moratoria.
Per anni Baric e Daszak, fra gli altri, hanno esercitato pressione affinché NIH e NIAID riaprissero le casse. Alla fine del 2017 il Comitato di Biosicurezza, di cui Fauci faceva parte, ha dato il via libera agli studi sul “Gain of Function” con un nuovo quadro regolatorio; potevano riprendere le ricerche su Aviaria e Sars. Anche su Mers, Sindrome Respiratoria del Medio Oriente: apparsa nel 2012 in Arabia Saudita, con i cammelli come host, ha mietuto oltre 800 vittime con un tasso di mortalità del 27%.
E’ sulla Mers, fra il 2018 e il 2019, che i team di Zheng-Li e Baric, grazie ai fondi garantiti dal NIAID attraverso Eco Health Alliance, hanno ripreso questo tipo di esperimenti: generando un virus-chimera da un coronavirus raccolto nel sud-est asiatico; l’obiettivo era comprenderne meglio l’infettività su cellule umanizzate. Un traguardo difeso da Daszak, quando nel 2021 l’esperimento, per lo sconcerto della comunità scientifica, è diventato di dominio pubblico; fu la NIH a svelarlo, ma solo perché costretta per via giudiziaria tramite il FOIA (Freedom of Information Act) di alcuni giornalisti.
La scoperta dell’esperimento sulla Mers ha acceso i riflettori sull’intero meccanismo; non essendo segnalato come Gain of Function, non aveva ricevuto il dovuto scrutinio.
Il contrario accadde nel 2018, quando un finanziamento del DARPA (Progetti di ricerca avanzata della Difesa Usa) venne rifiutato al consorzio Eco Health Alliance-Laboratori della University of North Carolina-WIV: nel progetto, nominato DEFUSE, si illustrava la manipolazione genomica di un coronavirus con l’inserimento di un sito per la furina, favorendo la recettività della proteina spike da parte dell’enzima nelle cellule umane.
La proposta di tale progetto è venuta alla luce solo nel 2021 grazie al DRASTIC, un gruppo di scienziati-attivisti scettici sull’origine naturale del Covid19; nulla era trapelato da Eco Health Alliance di Daszak, né dai Laboratori del North Carolina di Baric; tanto meno dal NIAID di Fauci o la NIH di Collins.
A posteriori, il DEFUSE è un manuale per la creazione di un virus come il Sars-Cov-2: se realizzato, sarebbe stato pronto per diffondersi fra gli umani senza passaggi intermedi, e attecchire nei nostri polmoni; uno dei motivi per cui la Difesa Usa aveva bocciato il progetto.
Il punto cruciale è questo: chi garantisce che all’Istituto di Virologia di Wuhan, pur senza il finanziamento americano, qualcuno non abbia portato a termine questo tipo di sperimentazione?
Oltre l’origine del Covid19: storia di un insabbiamento
Le caratteristiche della Sars-Cov-2, la sua comparsa a un paio di chilometri dal WIV, hanno fatto scattare le sirene d’allarme alla NIH di Collins, il NIAID di Fauci e l’Eco Health Alliance di Daszak.
Alla fine di gennaio 2020, con Wuhan in lockdown e il virus già sbarcato in tutti i continenti, Fauci chiede di verificare i progetti finanziati dalla NIH e condotti a Wuhan; poi si consulta con esperti del NIAID, ponendo una domanda: che origine ha il virus? Alcuni esprimono perplessità sulla naturalezza del sito per la furina, implicando un’impronta umana. Fra loro Kristian Andersen, virologo evoluzionista; che però, un mese e mezzo dopo, con gli ospedali di mezzo mondo al collasso, esce su Science Medicine con The Proximal Origin of Sars-Cov-2: un articolo dove tenta di dimostrare l’origine naturale del Covid19. Tuttavia, come nota il Direttore della NIH Collins in email private, “non è ancora abbastanza da silenziare le voci di un incidente da laboratorio”.
Il mese prima, sulla rivista Lancet, 27 scienziati avevano firmato una lettera aperta per condannare la “teoria complottista” che il Covid19 fosse uscito dal WIV. Dopo qualche mese, si è scoperto che era stato proprio Peter Daszak a redigere la lettera, e fare public relation per coinvolgere virologi di fama mondiale. Insieme a Daszak, molti altri sono stati individuati come collaboratori di Eco Health Alliance e il WIV, un conflitto di interessi mai dichiarato. La novità ha spinto alcuni firmatari a ritrarre il sostegno alla lettera: “Avrei certamente posto delle domande prima di aderire all’iniziativa”, ha affermato Christian Drosten, virologo e volto della risposta tedesca alla pandemia.
Sono le uscite di Zheng-Li ad aggravare i sospetti. Come ha ammesso in una intervista a Scientific American, non dormì per giorni al pensiero che il virus fosse scappato dai laboratori che dirige. Una volta sequenziato il genoma della Sars-Cov-2, lo aveva confrontato con le centinaia studiati negli anni precedenti e, a suo dire, nessuno presentava caratteristiche simili.
La versione di Zheng-Li è stata minata dal DRASTIC: il gruppo, setacciando migliaia di pubblicazioni scientifiche cinesi, ha scoperto l’esistenza di un virus con oltre il 96% di consonanza genomica con il Covid19; il famigerato RaTG-13, uno dei quasi 300 coronavirus raccolti in una cava dello Yunnan, nel sud della Cina. Era finito nei microscopi di Wuhan perché alcuni operai della cava, nel 2012, si erano ammalati di Sars venendo a contatto con guano di pipistrello; in tre erano deceduti.
RaTG-13 e Sars-Cov-2 sono stringhe provenienti da un patogeno antenato; altri coronavirus, i Banal individuati in pipistrelli del Laos, stesso habitat dello Yunnan, presentano una consonanza superiore: con una prossimità di uno/due contatti di distanza. Quello che manca, però, è il sito per la furina.
C’è un altro dettaglio che Zheng-Li non spiega: perché il 12 settembre 2019 il WIV tolse da internet il database con 22.000 sequenze genetiche di coronavirus in mammiferi? Fino a quel momento era stato a disposizione della comunità scientifica. Perché RaTG-13 non è stato sottoposto all’OMS per aiutare a comprendere l’origine del Covid19, ma è stato dissotterrato da un gruppo di scienziati autoconvocatosi su Twitter?
Per i gli attivisti del DRASTIC, e non solo, fin da subito il sito per la furina assomigliava al timbro di una manipolazione; tenendo conto che tecniche di “reverse genetics” possono non lasciare traccia della paternità umana. Eppure dall’aprile 2020 Anthony Fauci, volto della lotta al Covid19, ripeteva che l’origine fosse naturale; prima ancora di una approfondita indagine, visto le resistenze di Pechino a condividere le informazioni sullo scoppio dell’epidemia: come le sequenze genetiche dei primi casi di coronavirus.
Solo tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, e dopo ripetuti tentativi, la Cina ha accettato una missione istituita dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per stabilire l’origine della pandemia. La spedizione contava 19 membri; in rappresentanza della NIH fu selezionato Peter Daszak di Eco Health Alliance.
Il rapporto finale definiva l’ipotesi dell’incidente da laboratorio estremamente improbabile; mettendo perfino in dubbio che Wuhan fosse l’epicentro dell’epidemia, e indicando ad esempio la Lombardia come alternativa. Bergamo infatti, subì un’ondata di Covid19 verso il 20 di febbraio, un mese dopo il lockdown imposto alla capitale dell’Hubei, dove il sistema sanitario era già collassato. Tuttavia non sarebbe spiegabile la contemporanea ondata di Covid19 anche a Qom, in Iran. Bergamo e Qom non hanno legami; entrambe le città però hanno fitti contatti con Wuhan: la prima per motivi economici, la seconda per turismo.
Il lavoro della spedizione è risultato insoddisfacente per metodo e conclusioni, oltre che per le ingerenze della Cina; tanto che Tedros Ghebreyesus, Direttore dell’OMS, l’ha scavalcato dichiarando ancora valida l’ipotesi dell’incidente da laboratorio. La presenza di Daszak aveva gettato troppe ombre sulla missione. Come è accaduto per un’altra prestigiosa Commissione, istituita dall’autorevole Lancet; almeno nella sua fase iniziale, come ha raccontato il Presidente Jeffrey Sachs, economista e politologo di fama.
Quando venne incaricato da Lancet di presiedere la Commissione, nata per trovare soluzioni e risposte alla pandemia, Sachs chiamò Daszak a guidare il gruppo di studio sull’origine del virus: “perché è uno dei massimi esperti nel campo”. I problemi sorsero quando vennero a galla i progetti sviluppati da Eco Health Alliance a Wuhan: Sachs gli chiese di condividere le ricerche effettuate al WIV; ma per motivi contrattuali, e su consiglio degli avvocati, lui si rifiutò. Siccome il gruppo di lavoro sull’origine del Covid19 era stato selezionato da Daszak, i membri furono interrogati su eventuali conflitti di interesse. Sachs, non ricevendo risposta, si vide costretto a sbandare il gruppo. In un secondo tempo, sempre grazie a FOIA, quegli stessi nomi comparivano come autori di ricerche collegate all’Istituto di Virologia di Wuhan.
I risultati della Commissione Lancet, “Lezioni per il Futuro dalla Pandemia del Covid19” sono stati pubblicati lo scorso settembre; mettono a nudo le gravi responsabilità della Cina in primis, e dell’OMS, nel rispondere a un nuovo virus apparso subito contagiante per via aerea. Ed espongono la lentezza dei governi a impalcare l’argine a una pandemia che a oggi ha provocato ufficialmente 6,5 milioni di vittime. Un fallimento anche culturale, per la difficoltà della popolazione ad accettare misure anti-epidemiche e la profilassi per abbattere i rischi di contagio e malattia grave. E’ però il capitolo sull’origine del Covid19 a scatenare polemiche: mette sullo stesso piano le probabilità dello spillover e quella dell’incidente da laboratorio, sia con infezione di un virus naturale che manipolato; e denuncia la mancata indagine sulle attività di bioingegneria precedenti allo scoppio della pandemia: le istituzioni coinvolte, a partire dal WIV, non hanno cooperato.
Da alcuni, quella sezione del Rapporto è definita anti-scienza; e Sachs è additato come un “complottista”, essendo molti scienziati convinti che il Covid19 abbia un’origine naturale. Lo scontro tra chi avanza l’ipotesi di un incidente da laboratorio e chi la nega è incandescente: in gioco ci sono carriere e finanziamenti; e ha risvolti di carattere politico e giudiziario. La posizione ufficiale di Pechino, ad esempio, è che la Sars-Cov-2 sarebbe nata all’estero e “importata” in Cina.
Attualmente non esiste una ricostruzione verificabile sullo spillover. Nei mesi scorsi, due ricerche peer-reviewed sono state presentate come prova che il virus abbia fatto il salto di specie nel mercato di Huanan; ma a un attento scrutinio, confermano solo che lì ci fu un enorme focolaio: alcuni dei primi casi non ebbero nessun contatto con quel luogo. Ancor più importante: non è stato scovato l’host intermediario tra pipistrello e uomo; tanto meno si sa come sarebbe giunto a Wuhan.
Anche il SAGO, il gruppo di esperti chiamati dalla OMS a indagare sull’origine del Covid19, non ha trovato risposte definitive; nel Rapporto preliminare pubblicato lo scorso giugno, la tesi prevalente rimane lo spillover, ma riconosce che la falla nella sicurezza del VIW è una teoria che merita approfondimenti. Non solo: per la reticenza di Pechino nel fornire i dati sull’inizio dell’epidemia, e per il negato accesso agli archivi di laboratorio, la speranza di risolvere la questione è ridotta.
Se la Cina non è stata collaborativa, lo stesso va detto degli Stati Uniti, dove il Covid19 è diventato territorio di scontro tra il Presidente Donald Trump e gli avversari: la Casa Bianca indicava la Cina come responsabile della pandemia; aumentando le tensioni tra Washington e Pechino, già alte per motivi commerciali. Sin dalla primavera 2020 Trump insinuava la fuga del virus dai laboratori di Wuhan; un’ipotesi basata sulle considerazioni del virologo Robert Redfield, all’epoca Direttore del CDC (Centro per il Controllo e Prevenzione Malattie).
Parallelamente, però, Collins della NIH e Fauci del NIAID, insieme a Daszak, avevano già contribuito a creare il “consenso scientifico” sull’origine naturale del virus: se da una parte rassicuravano un’opinione pubblica spaventata, dall’altra si sottraevano nel dare conto dei fondi al WIV. In audizioni congressuali Fauci ha negato che i progetti finanziati da NIAID/NIH via Eco Health Alliance includessero la “Gain of Function”, quando con la consulenza di Baric, si creavano virus-chimera per studiare Sars e Mers.
Due anni fa sembrava sensato fidarsi di Fauci: la realtà è che NIH e NIAID sapevano della problematicità delle ricerche condotte a Wuhan, ma hanno taciuto; e quando il loro ruolo è venuto a galla, non sono nemmeno riusciti a recuperare i dati di laboratorio al WIV: l’implicita ammissione di non aver mai avuto controllo sui progetti finanziati attraverso Eco Health Alliance. Per questo lo scorso agosto la NIH ha cancellato parte di una borsa erogata alla società di Peter Daszak; al quale, però ne è stata appena assegnata un’altra dal NIAID di Fauci: con il fine analizzare i rischi di insorgenza di nuovi coronavirus in Laos, Vietnam e Myanmar.
Per i protagonisti del meccanismo che ha gettato pesanti ombre sul WIV nulla sembra essere cambiato; non li ferma nemmeno il dubbio che quelle ricerche abbiano sguinzagliato un flagello sull’umanità.
Paradossalmente, dall’insorgenza del Covid19, i finanziamenti per i laboratori di biosicurezza dove studiare i virus si sono moltiplicati; aumentando così i rischi di incidenti, una costante nel campo della virologia: ne sono occorsi almeno una trentina solo nel nuovo secolo.
Nel 2017, non pochi avevano accolto con ansia la notizia della fine della moratoria sugli studi di “Gain of Function”. Il virologo Carl Bergstrom avvertiva del rischio di incidenti, e di una pandemia che avrebbe ucciso milioni di persone.
A tre anni dai primi contagi, si staglia una domanda: la Sars-Cov-2 può essere spuntata da un laboratorio? La risposta, come dimostrano le Commissioni di Lancet e OMS, rimane aperta. Di conseguenza si impone un altro tipo di riflessione, il rapporto uomo/scienza; che invita a un dibattito sui confini etici nella virologia, valutando attentamente la proporzione rischi/benefici, e la tenuta dei sistemi di sicurezza e controllo. Già oggi politici, scienziati ed enti regolatori avanzano una richiesta: nell’era post-Covid, i Governi diano indirizzi guida più chiari su questo tipo di ricerche.
Sono ragionamenti da fare anche se un domani venisse provata la teoria dell’origine naturale; il tentativo di insabbiare eventuali responsabilità o negligenze in relazione agli esperimenti di “Gain of Function” a Wuhan è documentato: prova che l’incidente da laboratorio non è complottismo, formula che ha ostacolato la ricostruzione dei fatti, ma una possibilità che atterrisce.
di Cristiano Arienti
In copertina: immagine d’archivio NIH
Fonti e Link utili
The Lab-Leak Theory: Inside the Fight to Uncover COVID-19’s Origins | Vanity Fair
The Lancet Commission on lessons for the future from the COVID-19 pandemic – The Lancet
Republicans Release Text of Redacted Fauci Emails on Covid Origins (theintercept.com)
Wuhan Lab’s Last–And Only–Foreign Scientist Speaks Out on Covid Origins Debate – Bloomberg
Senator-Johnson-Final.pdf (google.com)
Curious Coincidence: Origins on Apple Podcasts
The Lancet COVID-19 Commission
WHO responds to The Lancet COVID-19 Commission
Those Virus Sequences That Were Suddenly Deleted? They’re Back – The New York Times (nytimes.com)
Lab That Created Risky Avian Flu Had “Unacceptable” Biosafety Protocols (theintercept.com)
Student Infected With Debilitating Virus in Undisclosed Biolab Accident (theintercept.com)
COVID-19 Origins: Investigating a “Complex and Grave Situation” Inside a Wuhan Lab | Vanity Fair
Hai dato una forma a pensieri, dubbi che da tempo erano latenti..purtroppo direi…ma questa è la realtà…
Grazie Cri
Grazie Martina!! Se ne dovrebbe parlare molto di più: perché la storia possa davvero essere di insegnamento, ed evitare che in futuro possano accadere – o ripetersi – eventi così traumatici.