Covid19: le scommesse di Cina e Italia (1° parte)
L’alba di domenica 23 febbraio era tersa e soleggiata a Gallarate. Eppure nell’azzurro del cielo mi pareva di distinguere, come in miraggio, dei pulviscoli: in giro, lo percepivo come una certezza, poteva essere in circolo il nuovo coronavirus, un microscopico organismo che può provocare severe polmoniti; e che nell’arco di poche settimane, in assenza di antidoto, aveva messo in ginocchio una potenza globale come la Cina.
Il giorno prima, cioè il 22 febbraio, un paziente ricoverato da una settimana all’Ospedale San Raffaele di Milano era risultato positivo; si andava ad aggiungere ai 35 nel lodigiano, focolaio con epicentro l’ospedale di Codogno; e ai due operatori sanitari dell’ospedale di Alzano Lombardo, comune incollato a Bergamo.
A tre giorni dalla scoperta del cosiddetto “paziente 1”, il virus era stato rilevato in tre ospedali in un triangolo di 750 Km2, comprendente l’area metropolitana di Milano.
Si era già ampiamente diffuso in Lombardia, come ha accertato lo studio La fase iniziale del focolaio di Covid19 in Lombardia, firmato da 16 ricercatori dei maggiori centri medici della regione. Pubblicato lo scorso 20 marzo, basandosi sulla revisione dei test a pazienti affetti da Sars (sindrome respiratoria acuta grave), spiega come il Covid19 s’era insinuato in Lombardia già dalla prima metà di gennaio 2020, con un caso a nord di Milano e un paio nel lodigiano.
Il 1 gennaio 2020, quando il primo caso di Covid19 mostrava i sintomi della malattia, la stessa OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) aveva ricevuto solo 24 ore prima una notifica dalle autorità cinesi: è stato individuato un focolaio di un nuovo tipo di Sars nella città di Wuhan.
L’azzurro di quel cielo punteggiato di presagi, quella mattina del 23 febbraio, lo osservavo dal parcheggio di un supermercato h24: la cinturazione di Codogno e di altri 10 comuni del lodigiano poteva essere la misura da adottare anche a Gallarate, dall’oggi al domani, qualora fosse emerso un focolaio nei dintorni. Fare scorte di alimenti di prima necessità per me è stato, più che panico, un cambio di passo mentale di fronte a un’emergenza sanitaria cascata nella mia vita e quella di milioni di italiani. In fondo, il giorno prima l’avevo trascorso a Milano, percorrendola sui mezzi pubblici; e la serata a Paderno Dugnano, a cinque chilometri da Sesto San Giovanni, il luogo d’origine del paziente ricoverato al San Raffaele; percepire la presenza del virus non era un segnale di psicosi, ma di lucidità.
Non avevo ancora tutte le informazioni per prevedere quel che sarebbe successo di lì a poco; ma un fatto lo avevo ben chiaro: lo scorso 23 gennaio, a una ventina di giorni dalla notifica all’OMS della scoperta di quel virus, la Cina aveva blindato la città di Wuhan, costringendo 11 milioni di persone a non uscire di casa senza autorizzazione; e imponendo simili misure a tutta la provincia dell’Hubei, cioè una popolazione pari a quella dell’Italia. Mi rivedevo le code davanti al pronto soccorso, le corsie piene di degenti, e i collassi per strada e nei supermercati. Rileggevo mentalmente le storie di malati deceduti in casa per mancanza di posti nelle terapie intensive. Le immagini in time-laps della costruzione di ospedali nel giro di tre giorni erano un monito: il tasso di infettività del virus era esponenziale; era quello il problema, più che la letalità della malattia in sé.
La scommessa persa sulla Lombardia
Quel 25 febbraio, quando in due tweet riassumevo la dinamica dell’epidemia in Cina, e rappresentavo i rischi per il nostro Paese, in Italia eravamo all’inizio della narrazione “riapriamo tutto”. Dopo la cinturazione del lodigiano, infatti, il 23 febbraio il Governatore della Lombardia Attilio Fontana, in coordinazione con il Governo presieduto da Giuseppe Conte, aveva diramato un’ordinanza di chiusura di scuole, attività come musei e palestre, degli esercizi di ristorazione dopo le 18 e ludici in generale, la sospensione di tutti gli eventi e manifestazioni. La speranza era di contenere il virus nella regione tracciando i contatti dei contagiati, e mettendoli in quarantena. Una tattica rivelatasi apparentemente impraticabile, visto che in due giorni il numero di positivi raggiungeva le 300 unità, e i laboratori d’analisi si erano ingolfati.
Mentre l’Italia entrava nel mirino dell’Europa e della comunità internazionale per il focolaio lombardo, si faceva strada l’idea che il problema risiedesse proprio nel numero di test troppo elevato; è ovvio, si sentiva nei talk-show, che i contagi siano così alti: perchè li andiamo a cercare. Che poi è l’approccio vincente della Corea del Sud, dove l’unità di crisi ha imbrigliato un’epidemia di centinaia di contagiati senza ricorrere al cosiddetto lock-down, se non in quartieri della città di Daegu.
Una visione che porta il Presidente Conte, in quel 25 febbraio, ad affermare: “l’Italia è un Paese sicuro, i cittadini possono circolare liberamente; anzi, forse è un Paese molto più sicuro di tanti altri”. Alludendo al sospetto che Francia e Germania, dove erano stati rilevati casi di Covid19 già da settimane, mentissero sui numeri.
Uno scudo del Governo italiano a Lombardia e Veneto, le regioni più produttive del Paese; la strategia sembrava chiara: evitare ulteriori contraccolpi economici seguiti alla scoperta dei due focolai lombardi e quello a Vo Euganeo. Le associazioni di categoria del commercio, del turismo, della cultura e della ristorazione, si erano rivoltati contro la “chiusura” della Lombardia, lamentando un allarmismo “criminale” di istituzioni e stampa.
Sempre quel 25 febbraio, anche Fontana smorzava i toni; forse convinto da tesi di autorevoli esponenti della ricerca – fra gli altri la virologa Anna Rita Gismondo del Sacco di Milano e l’infettivologo Matteo Bassetti del San Martino di Genova – dichiarava: “non c’è bisogno di allarmarsi; persone esperte dicono che è poco più di un’influenza.”
In conferenza stampa l’assessore al Welfare Giulio Gallera, alla domanda sul perchè Alzano Lombardo, con un principio di focolaio, non fosse stata dichiarata zona rossa, spiega: “i casi sono partiti da un primario infettato, e la situazione sembra sotto controllo; ma vigileremo”.
Una superficialità, per altro, che emergerà con la progressiva infiltrazione del virus in parecchi ospedali della regione.
Alzano Lombardo non verrà mai cinturata, provocando una delle epidemie da Covid19 più gravi al mondo. In quei giorni la Confindustria di Bergamo pubblica un video con lo slogan “Bergamo is running“, per negare la “falsa narrazione” che il Covid19 fosse un problema in Lombardia. Un video rilanciato dal sindaco Giorgio Gori, che invitava la cittadinanza a riversarsi nel centro di Bergamo.
Il 27 febbraio anche il sindaco di Milano Beppe Sala, e Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera, chiamavano i milanesi a rivitalizzare la città. Si parlava già di riaprire il Duomo ai turisti.
La cinturazione quindi non veniva applicata a un territorio come Bergamo, dove da lì a un mese le immagini di colonne di camion militari carichi di bare avrebbero fatto il giro del mondo; ma a livello psicologico, la “cinturazione” era nella testa della classe dirigente del Paese. Tenendo in piedi questa barriera perché convinti che intervenire drasticamente in Lombardia, in Veneto o in Emilia – con Piacenza a tre chilometri da Codogno – potesse provocare un panico infondato e un danno economico per l’intero Paese. Una posizione trasversale: dalla Regione Lombardia ai partiti di maggioranza con Luigi Di Maio, Matteo Renzi e Nicola Zingaretti; fino all’opposizione, con il celebre “riaprire, riaprire tutto” pronunciato dal capo della Lega Matteo Salvini il 27 febbraio; seguito due giorni dopo dal video di Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia rivolto ai turisti: “venite, il nostro Pese è sicuro”.
Il fenomeno “coronavirus” in Italia era stato declassato a infodemia: cioè la vera epidemia era la diffusione di troppe notizie che generano “paura irrazionale”, come la definirà lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Una visione condivisa da Walter Ricciardi, ex Presidente dell’Istituto Superiore della Sanità e membro del Consiglio internazionale dell’OMS: “abbiamo fatto troppi tamponi; il Veneto, ad esempio, sta sbagliando a testare anche persone asintomatiche. Guarisce il 95% dei malati, niente allarmismo.”
La decisione di non testare i sospetti sintomatici da Covid19, e chi è entrato in contatto con loro, segna la rinuncia a tenere traccia dell’epidemia sul territorio. Con la Lombardia che un mese dopo, conterà ufficialmente 37.000 casi e 5.400 deceduti; ma con una stima dei sommersi che arriva a 200.000 unità, con l’ammissione del Sindaco Gori che i morti sono superiori ai numeri del bollettino giornaliero della Protezione Civile.
In quel 27 febbraio Christl Donnelly, ricercatrice dell’Imperial College of London, stimava che in Italia – cioè in Lombardia – potessero esserci già un migliaio di contagiati; un numero doppio rispetto ai 470 ufficiali.
In quei giorni Walter Ricciardi veniva nominato Consigliere del Ministro della Salute Roberto Speranza.
Il 28 febbraio, su Twitter, mi arrischiavo in questa analisi:
Ieri ho confrontato densità di popolazione per km2 Hubei/Nord Italia, Wuhan/Lombardia. Il focolaio è a Codogno e non vado oltre al ragionamento. Chiedo: è il Sistema Sanitario Nazionale che rende così improponibile il paragone Wuhan/Lombardia?
Questo è molto forte, ma nell’informazione porre domande scomode è la base. In giorni in cui nel mondo si scoprono casi di COVID19 su persone legate alla Lombardia (che a oggi conta quasi 400 infetti e non tutti dentro a Codogno), il paragone con un’area urbana di 11 milioni messa in quarantena – i singoli cittadini messi in quarantena – tramortisce; sarebbe un colpo mortale per il sistema Paese Italia (mica solo per lombardi). Quindi le considerazioni sono su due ordini:
- la Lombardia e Milano si prendono la responsabilità di ciò che sta accadendo; a Wuhan il lock-down è seguito con qualche centinaio di contagiati in più rispetto alla Lombardia. E’ così che la Cina sembra aver bloccato l’epidemia.
- L’invito del Sindaco Sala a ripartire senza allarmismi va nella direzione contraria; una zona rossa è stata individuata, e i contagi aumentano perché erano legati a un focolaio. Il Governatore Fontana (responsabile per lo scoppio della crisi), ha spiegato, supportato da esperti e dall’esperienza cinese: questo è il momento decisivo per contenere l’epidemia sul campo.
Stamattina spuntano nuovi casi [all’estero]: non tutti legati al Nord Italia; questa è la scommessa dei Sala e dei De Bortoli e di chi vuole che Milano riparta: che l’epidemia scoppi in altri Paesi prima che l’ltalia, su pressione internazionale, sia costretta al lock-down della Lombardia.
A quel punto l’Italia si troverebbe a gestire la crisi non più come il “malato” d’occidente, ma come un malato in un mondo in piena epidemia COVID19. Se la scommessa di Sala e chi lo supporta dovesse fallire, e dovessero spuntare altri focolai, il prezzo sarebbe altissimo, perché il Sistema Sanitario Nazionale rischierebbe nelle prossime settimane un’ondata di contagiati con complicazioni da terapia intensiva; e un Nord Italia in lock-down internazionale. E’ lo scenario peggiore, ma va preso in considerazione e ragionare anche da qui. Ci vuole uno sforzo gigantesco da parte del Governo, insieme alle istituzioni territoriali, per mettere in campo un sistema emergenziale a livello sanitario per affrontare la crisi dell’epidemia. Ce l’abbiamo qui in casa: niente psicosi, ma niente barriere psicologiche. O peggio, scommesse troppo azzardate.” (Dall’account @umanistranieri di Twitter – 28 febbraio 2020)
Il 28 febbraio attribuivo le colpe alla Regione Lombardia per l’impreparazione allo scoppio del focolaio di Codogno – una colpa, in realtà, da condividere con il Ministero della Salute, l’Unione Europea e l’OMS, come si tenterà di evidenziare nella seconda parte di questo pezzo. Resta agli atti lo stato di negazione dei vertici regionali ad ammettere che l’epidemia si fosse già allargata a Bergamo e a nord di Milano – ecco spiegato il “non vado oltre al ragionamento”.
Tuttavia rimane agli atti anche come Fontana avesse cambiato idea sulla gestione della crisi: una sua stretta collaboratrice aveva contratto il Covid19, ed era stata ricoverata; lui e la giunta erano confinati in quarantena.
Il Presidente della Lombardia lo aveva annunciato in una video-intervista il 27 febbraio, indossando la mascherina chirurgica che da protocollo serve a non diffondere il virus.
Un gesto deriso da più parti, e giudicato sconsiderato perché dannoso per l’immagine dell’Italia e per la sua economia. Quando invece il leader cinese Xi Jinping, la Governatrice di Hong Kong Carrie Lam, e il Presidente della Corea del Sud Moon Jae-in, avevano tenuto conferenze stampa indossandone una.
Quel goffo gesto di Fontana segnalava ai cittadini, ma anche a Roma, la sua personale paura; e la presa di coscienza di fronte alla gravità di un’epidemia che in meno di una settimana era entrata nel Pirellone.
E’ stato il primo vero gesto di verità nel Paese di fronte all’emergenza Covid19. A cui sono seguite, per oltre una settimana, pressanti richieste al Governo Conte di intervenire con ulteriori misure emergenziali; ma senza prendere iniziative autonome drastiche, se non dopo quattro settimane: per non scontrarsi con i punti di riferimento del Centro-Destra nella società civile; in particolare Confindustria, la più ostinata a rigettare limitazioni.
Cinque giorni dopo i numeri della Lombardia sarebbero triplicati, arrivando a contare 1.520 contagiati ufficiali; a Wuhan il lock-down era stato imposto con meno di un migliaio di casi – al netto dei sommersi.
Il Governo Conte avrebbe dichiarato zona rossa la Lombardia, insieme ad altre 14 province, solo l’8 marzo. Un lock-down abbastanza blando in cui troppe aziende cosiddette “essenziali” (e non) avrebbero continuato a muovere sul territorio centinaia di migliaia di persone; convocandole su posti di lavoro, spesso, senza adeguati dispositivi di protezione individuale, e con una distanza fisica difficile da praticare. Una blindatura che comunque costringeva milioni di persone a casa. Un provvedimento esteso il giorno dopo a tutto il territorio nazionale, vista la difficoltà a vietare la mobilità fra le regioni. I contagiati, intanto, erano arrivati a 9100, con 463 vittime; numeri molto superiori rispetto ai partner europei. A rischio ormai non era solo il produttivo Nord Italia, ma anche le filiere del centro-sud.
L’11 marzo l’OMS, per voce del Direttore Generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato lo stato di pandemia; se a fine febbraio si limitava a dirsi preoccupato per i casi di Cina, Iran, Italia e Corea del Sud, adesso toccava constatare che il Covid19 si era esteso in oltre cento Paesi del mondo.
Quel giorno Christine Lagarde, Direttrice della BCE (Banca Centrale Europea) annunciava: non c’è nessun piano di acquisto di titoli per coprire ulteriore debito pubblico dell’Italia. Il Governo Conte, sopraffatto da una crisi a cui gli altri Paesi europei si credevano immuni, era riuscito a guadagnare una decina di giorni; ma al prezzo di aver esteso il Covid19 in tutto il Paese.
Il 12 marzo la borsa di Milano registrerà il crollo maggiore di sempre; a due giorni dalla più drammatica scelta mai compiuta da una democrazia: blindare la popolazione in casa per la sopravvivenza.
di Cristiano Arienti
Segue parte 2: La Scommessa vinta da Pechino
Fonti e Link utili
https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/events-as-they-happen
http://amp.ilsole24ore.com/pagina/ACpwJ7LB
https://en.wikipedia.org/wiki/Coronavirus_disease_2019#cite_note-Schirring16Jan2020-49
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/25/20A01273/sg
https://formiche.net/2020/03/coronavirus-italia-ricciardi/
Linee Guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità al 27-2-20
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/02/22/news/cornavirus_direttore_oms_allarme_contagi_italia-249308089/?ref=RHPPTP-BH-I249346294-C12-P3-S2.3-T1 (intervista a Kluge dell’OMS del 22 febbraio)
http://www.governo.it/it/approfondimento/coronavirus/13968 (provvedimenti del Governo Conte dopo la dichiarazione di Emergenza Globale emanata dall’OMS.
http://www.governo.it/?fbclid=IwAR2nZ5gzKhb8o4pkG7hP7LwDUW-cb4o72z-cEFPkYXgVAnxD6wawK2OB5sI