Clinton, l’emailgate, e le conseguenze di una non-incriminazione
Lo scorso 5 luglio il Direttore dell’Fbi James Comey, con un’improvvisa conferenza stampa, ha comunicato i risultati dell’indagine sul server privato di Hillary Clinton mentre era Segretario di Stato (2009-2013). Clinton, ha affermato Comey, è stata estremamente imprudente (extremely careless) nella gestione di informazioni classificate: le ha fatte transitare attraverso canali non governativi, e le ha messe a disposizione di persone prive di autorizzazioni. La conclusione indica come l’ex Segretario di Stato, secondo lo statuto 18 U.S. Code § 798, abbia violato una legge federale. Tuttavia Comey ha raccomandato di non incriminare Clinton, poichè non ci sono prove che l’abbia trasgredita con intenzionalità o uno scopo: nessun giudice ragionevole la condannerebbe.
Comey ha motivato questa decisione con l’esigua casistica di chi è stato condannato per “estrema negligenza” – termine poi equiparato a “estrema imprudenza”. Il Direttore dell’Fbi però non ha specificato che numerosi pubblici ufficiali subiscono processi per questo reato: vengono sanzionati a livello amministrativo con il licenziamento, o il divieto di occupare cariche pubbliche, o la perdita dell’autorizzazione ad accedere a informazioni classificate. E ha utilizzato “intenzionalmente” come se fosse un requisito imprescindibile per condannare qualcuno che ha trasmesso informazioni classificate in canali e/o apparecchi non governativi; con tutto quello che ne consegue: ad esempio che le informazioni finiscano in mani sbagliate.
Così Comey si è sostituito direttamente a un giudice sul merito di applicare o meno una legge: il “giudice”, nel caso della Clinton, avrebbe dovuto essere Loretta Lynch, alla guida del Dipartimento di Giustizia, se non fosse stato per “l’incidente” di Phoenix. Lo scorso 30 giugno ha accettato un incontro privato con Bill Clinton, una persona direttamente coinvolta nell’inchiesta, durato mezz’ora circa, e riportato da tutti i media. Di fronte alle polemiche per un palese conflitto di interessi, Lynch ha affermato in un’intervista del 1 luglio: “capisco che il mio incontro con Bill Clinton getta un’ombra sull’esito dell’inchiesta; quindi mi aspetto di confermare le raccomandazioni dell’Fbi.”
Tuttavia, con uno scandalo di tale portata, in molti si aspettavano che Lynch ricusasse il suo ruolo di giudice ultimo; in quel caso, sarebbe toccato a un’altro ufficiale del Dipartimento di Stato accettare, o respingere, le raccomandazioni dell’Fbi, nel rispetto delle leggi.
Il Segretario alla Giustizia è stata chiamata di fronte alla House Judiciary Commitee lo scorso 12 luglio, per chiarire la sua posizione nell’indagine di Hillary Clinton. Come ha ammesso Lynch, la procedura di accettare le raccomandazioni dell’Fbi, qualunque fosse l’esito dell’inchiesta, è assolutamente insolita. “E’ la prima volta che ho seguito una simile procedura”. Il Rappresentante Jim Jordan, in una tesissima sessione durata quattro ore, lo ha rimarcato: “La decisione di accettare anticipatamente l’esito dell’inchiesta, dopo l’incontro con Bill Clinton, ha peggiorato la situazione: perché è saltata la gerarchia di chi doveva decidere se incriminare o meno Hillary Clinton.”
Comey è stato “costretto” dagli eventi a sostituirsi a un giudice; e a sentirsi in dovere di spiegare la sua decisione, visto che non sarebbe stata valutata dal Dipartimento di Giustizia, ma solo accettata.
Una procedura molto criticata anche dai vertici Democratici, i quali hanno sottolineato come i diritti civili della Clinton siano stati calpestati: stabilendo che non ci sono i presupposti per metterla in stato d’accusa, l’indagine avrebbe dovuto chiudersi senza giudizi di merito sul comportamento; l’ormai incancellabile “estremamente imprudente” diventerà il ritornello degli avversari della presunta candidata democratica alla Casa Bianca.
Tuttavia le raccomandazioni di Comey, prontamente accettate dal Dipartimento di Giustizia, sollevano dubbi enormi sul piano giuridico, perchè il Direttore dell’Fbi ha proposto un’interpretazione della legge non sostanziata: nella 18 U.S. Code § 798 non c’è scritto da nessuna parte che una persona “estremamente negligente” debba mostrare un qualche grado di intenzionalità per essere incriminata. Il Segretario alla Giustizia Lynch, di fronte alla mancata applicazione della legge, non ha fatto una piega.
L’assoluzione, in questo caso, assomiglia all’innalzare Hillary Clinton al di sopra della legge.
L’intenzione a sua insaputa
L’intenzionalità, per altro, emerge dal contesto in cui la Clinton ha deciso di utilizzare un server privato per le comunicazioni governative; a Comey glielo ha fatto notare il Rappresentante del Congresso Usa Jim Jordan, durante l’udienza del Direttore dell’Fbi davanti alla House Select Committee su Supervisione e Riforme del Governo, tenutasi lo scorso 7 luglio.
– Clinton intenzionalmente si rifiuta di utilizzare un account governativo, messole a disposizione fin dai primi giorni del suo insediamento; e questo lo ha stabilito il Rapporto Speciale del Dipartimento di Stato sul server privato di Hillary Clinton, pubblicato nel maggio 2016.
– Intenzionalmente non chiede nessun parere legale sulla liceità di usare un server privato per le comunicazioni governative, come emerge nel Rapporto Speciale (nel quale si legge: l’autorizzazione non sarebbe mai stata concessa).
– Intenzionalmente decide di utilizzare i suoi apparecchi privati per le comunicazioni governative sebbene la Nsa (National Security Agency) lo avesse caldamente sconsigliato per motivi di sicurezza nazionale.
– Intenzionalmente continua a utilizzare il suo account e il suo server privato sebbene fosse consapevole che potesse ricevere o inviare informazioni classificate. La prova è contenuta in uno scambio di email del 17 giugno 2011 tra la Clinton e il suo assistente Jack Sullivan; l’allora Segretario di Stato chiede di cancellare l’identificazione di un documento classificato, e di acconsentire all’invio attraverso un canale “non sicuro”.
– Intenzionalmente decide di gestire in autonomia tutte le sue comunicazioni via email, per sottrarsi ai meccanismi di controllo governativi; soprattutto in previsione delle procedure Foia (Freedom of Information Act), che permettono ai cittadini di accedere a documenti ufficiali di interesse pubblico. Questo emerge dalla deposizione di Huma Abedin, assistente speciale di Clinton, e corroborata dalla loro corrispondenza depositata al Dipartimento di Stato.
– Intenzionalmente, alla fine del suo mandato, nel 2013, non consegna le email di lavoro al Dipartimento di Stato, nel rispetto del Transparency and OpenGovernment Memorandum del 2009, e in ottemperanza all’Omb/Nara del 2012. Poi nel 2013 scoppiò lo scandalo emailgate, quando Russia Today pubblica la corrispondenza email tra Hillary Clinton e Syd Blumenthal, un suo consigliere privato; le email rappresentavano una specie di rapporto sull’attacco qaedista del 2012 al consolato di Bengasi, in Libia, dove morirono 4 americani, fra i quali l’Ambasciatore Chris Stevens. A fornire le email all’emittente era stato Marcel Leher (aka Guccifer), un hacker romeno, attualmente sotto la custodia dell’Fbi. Solo a causa di quello scoop si scoprì l’esistenza del server privato installato nella cantina dell’abitazione dei Clinton, a Chappaqua, e collegato a un “hosting server” presso un’azienda privata di Denver, priva di autorizzazione per accedere a informazioni classificate. Fu così che l’ex Segretario di Stato venne costretta a consegnare le sue email al Dipartimento di Stato, e a raccontare in dettaglio la vicenda di quel server davanti alla Commissione Congressuale sui fatti di Bengasi, tenutasi tra il gennaio e il novembre 2015.
– Intenzionalmente la Clinton consegna oltre 60.000 email al suo team di legali, senza autorizzazione a gestire materiale classificato, per distinguere tra email lavorative e email private. Circa 30.000 di queste email, giudicate appunto private, vengono cancellate, e il server viene compromesso in modo tale da rendere impossibile il loro recupero, come ha ricostruito il Direttore Comey. Tuttavia l’Fbi risale ad alcune delle email distrutte: i più stretti collaboratori dell’ex Segretario di Stato, in ottemperanza delle leggi, avevano consegnato la loro corrispondenza, anche quella con Clinton, alle agenzie governative competenti. L’Fbi, inoltre, riesce a recuperare dal server stralci di alcune delle 30.000 email cancellate.
Da questo faticosissimo lavoro, così definito da Comey, emerge che il team di legali della Clinton ha cancellato molte email lavorative e non solo: ha distrutto 3 email con informazioni marcate classificate. Tutto sommato, questa è la giustificazione degli apologeti di Clinton, 3 su 60.000 potevano passare inosservate.
Infatti Comey, di fronte a questa violazione delle leggi, ha esonerato Clinton da ogni intenzionalità, ma non perchè le email classificate fossero esigue, tutt’altro. Il Direttore dell’Fbi spiega: qualsiasi persona ragionevole doveva accorgersi che quei canali di comunicazione non erano adatti per la trasmissione di informazioni classificate; informazioni che, all’interno di canali sicuri, spesso nascono come “classificate”. Il problema, secondo la ricostruzione di Comey, è che l’ex Segretario di Stato mostrava limiti nel riconoscere la natura delicata di alcune di queste informazioni (tipo missioni con droni per eliminare terroristi); e non aveva ben chiara la dicitura utilizzata dal governo americano per marcare le informazioni classificate (una materia basilare per chiunque sia chiamato a gestire comunicazioni governative).
Comey sta parlando di Clinton, mitizzata come la persona più adatta a occupare la Casa Bianca, come l’ultimo degli incompetenti; sta descrivendo la guida del Dipartimento di Stato come meno ragionevole del primo che passa per strada.
Anche se davvero l’incompetenza e l’estrema negligenza fossero alla radice dell’emailgate, il quadro è comunque grave, a causa dell’ipotesi di hackeraggio del server di Clinton. Comey ha ammesso che l’Fbi non è in grado di stabilire se le informazioni transitate sul server privato dell’ex Segretario di Stato siano state accessibili ad attori ostili: non perchè non vi siano tracce, ma perchè il sistema era talmente vulnerabile, che gli hacker non dovevano rompere particolari sistemi di sicurezza.
L’account email della Clinton era meno sicuro, a detta di Comey, di un comune account G-mail; è praticamente certo che durante i suoi viaggi all’estero, secondo il Direttore dell’Fbi, attori ostili abbiano avuto accesso alla posta elettronica dell’ex Segretario di Stato.
Guccifer, a Foxnews, aveva confermato di essere riuscito a penetrare nel server di Clinton; tuttavia, di fronte all’Fbi ha ritrattato, dicendo che era una bugia. Comey ha preso per buona la seconda versione dell’hacker romeno.
James Comey, da investigatore a difensore della Clinton
Il Direttore dell’Fbi, sia nella conferenza stampa del 5 luglio, sia nell’udienza al Congresso Usa, ammette il passaggio di informazioni classificate sul server privato di Hillary Clinton: almeno 2000 sono state classificate a posteriori dalle Agenzie governative.
Altre 110 email, all’epoca, contenevano informazioni marcate classificate, sparse in un totale di 52 catene di email. In otto di queste catene si reiteravano informazioni marcate Top-Secret; in alcune erano presenti informazioni raccolte sul campo da varie agenzie governative, e avevano come oggetto l’Isis, il terrorismo, operazioni di guerra, rapporti diplomatici con Paesi non alleati. Molte facevano parte del SAP, Special Intelligence Program, con agenti segreti sotto-copertura, spie infiltrate in Paesi ostili o in teatri di guerra. Se le informazioni su di loro finissero in mani sbagliate, verrebbero messi in pericolo di vita, come ha evidenziato il Rappresentante Will Hurd durante l’audizione di Comey davanti al Congresso.
Alcune di queste informazioni, tra l’altro, erano state ottenute o trasmesse attraverso tecnologie avanzate in dotazione allo spionaggio americano.
Lo ha spiegato perfettamente Bill Binney, ex ufficiale della Nsa e oggi whistleblower: attraverso il server dell’ex Segretario di Stato sono transitate anche informazioni classificate GAMMA, in origine scritte in un linguaggio criptato dall’Nsa. Queste informazioni erano presenti nella corrispondenza Clinton/Blumenthal, hackerata da Guccifer e resa pubblica da Russia Today.
In realtà la corrispondenza tra l’ex Segretario di Stato e il suo consigliere privato non è presente nelle oltre 30.000 email consegnate: verosimilmente, sono state distrutte insieme alle altre 30.000 dal team legale della Clinton.
Comey ha ammesso che l’Fbi non è in grado di dire quante email contenenti informazioni classificate, marcate e non, comprese quelle Top-Secret, siano state cancellate (senza tralasciare quelle non-lavorative mai consegnate al Dipartimento di Stato).
Questa conclusione implica il seguente contesto: è possibile che altre email con informazioni classificate, oltre alle 3 già accertate, siano state cancellate, e gli hardware compromessi irreparabilmente per non lasciare traccia del loro transito.
La distruzione di materiale governativo è un crimine che implica un livello di intenzionalità innegabile da parte della Clinton.
E invece il Direttore dell’Fbi l’ha esonerata davanti al Congresso con queste motivazioni: Clinton ha sì consegnato le email ai suoi legali, ma non era consapevole che avessero intenzione di distruggerle. Si tratta di un salto logico nella catena di comando cliente-avvocato: un legale può consigliare di cancellare le email dal server, ma non prenderà mai l’iniziativa senza l’assenso della Clinton; e comunque la responsabilità ricade sull’indagato, non sui suoi avvocati: almeno che la Clinton non li denunci, fatto che non è avvenuto.
Lo scenario invece descritto dal Direttore dell’Fbi appartiene alla logica di un avvocato difensore, e non all’investigatore che sta costruendo un quadro indiziario per incriminare o meno un indagato.
Il Direttore dell’Fbi, del resto, ha sposato in pieno la tesi di partenza della Clinton: ha usato il server e l’account solo per convenienza; era più facile maneggiare un solo apparecchio sia per le email personali, che per le email governative. Comey, quindi, ha ignorato la deposizione della Abedin, secondo la quale Clinton voleva evitare i meccanismi di controllo delle sue comunicazioni; e ha trascurato la corrispondenza Clinton/Sullivan, in cui l’ex Segretario di Stato chiedeva di togliere le diciture di “classificazione” prima di spedire informazioni al suo account privato
Ma è Comey stesso che contraddice la tesi che ha sposato: Clinton, ha rivelato, ha maneggiato più apparecchi contemporaneamente per gestire la sua corrispondenza email.
Il tutto, per il Direttore Fbi, si riduce all’estrema imprudenza di Clinton, quando il contesto sembra indicare scelte consapevoli a ogni passaggio potenzialmente criminale dell’emailgate. A partire dall’idea stessa di installare un server privato dove archiviare tutte le comunicazioni governative.
Il fattore invisibile dell’indagine: la Clinton Foundation
Hillary Clinton ha sempre affermato che nelle email private c’erano stralci di vita quotidiana, come l’agenda delle lezioni di yoga, o appuntamenti e conversazioni con i familiari; se non aveva nulla da nascondere, che motivo c’era di cancellare oltre 30.000 email? Il sospetto è che da Segretario di Stato si sia occupata degli affari della Clinton Foundation, un’organizzazione non-profit capace di raccogliere miliardi di dollari in quasi 20 anni di attività; compresi finanziamenti da Stati stranieri e società private che intavolavano negoziati con l’Amministrazione Obama per questioni sensibili: vendita di armi, dispute internazionali, autorizzazioni speciali.
Il sospetto è che nelle email ci fossero le prove dell’interessamento di Clinton ai casi di Stati e imprese che donavano alla sua Fondazione privata.
Il Direttore Comey durante l’audizione al Congresso, a domande precise, si è rifiutato di rispondere se l’Fbi stia conducendo un’indagine criminale sulla Clinton Foundation, né se questa sia implicata all’indagine criminale sul server privato.
Tuttavia, attraverso la ricostruzione cronologica della corrispondenza email della Clinton, emergono coincidenze significative; lo ha dettagliato Peter Schweizer su Politico: si notano dei buchi nell’invio e/o nella ricezione di email concomitanti con alcune visite diplomatiche di Hillary Clinton; oppure uno squilibrio tra numero di cabli governativi e traffico email, di solito paralleli, a proposito di eventi rilevanti per la politica estera Usa.
Come ad esempio l’acquisto di un’azienda mineraria canadese che estrae uranio in tutto il mondo; il compratore è la Rosatom, agenzia di Stato russa sull’energia nucleare, molto attiva nel mercato di un componente richiesto per le armi atomiche. Gli azionisti dell’azienda canadese erano, o sarebbero diventati, donatori della Clinton Foundation, per un totale di 123 milioni di dollari (fonte NYTimes). Le trattative tra la Rosatom e l’azienda canadese necessitavano l’autorizzazione da parte di varie agenzie governative Usa, compreso il Dipartimento di Stato guidato da Hillary Clinton.
Clinton non ha consegnato nessuna email relativa a questo affare così delicato, come se non fosse nemmeno stata informata del negoziato; mentre invece ci sono circa 21 cabli governativi incentrati sull’affare.
Altrettanto significativa è l’assenza di email relative all’agenda di viaggio di Bill Clinton in Colombia, nello stesso periodo in cui si trovava in visita diplomatica anche la moglie Hillary. Entrambi, insieme e separatamente, incontrarono il Presidenre Uribe. In quel viaggio, ad accompagnare Bill Clinton c’era anche il magnate Frank Giustra, uno dei donatori più generosi della Clinton Foundation. Dopo quel viaggio, le aziende di Giustra ottennero appalti milionari dal governo colombiano nei più disparati settori, dal petrolio al legno.
Il dubbio che Clinton si sia occupata della Fondazione mentre era Segretario di Stato è sollevato anche da un’inchiesta della Associated Press: dal suo calendario ufficiale al Dipartimento di Stato, sono stati cancellati, o resi anonimi, almeno 75 incontri con i vertici di multinazionali o società di Wall-Street; alcuni di essi hanno elargito donazioni alla Clinton Foundation: come ad esempio Steven Schwarzman, amministratore delegato di Blackstone, il colosso finanziario.
L’inchiesta non dimostra solo che Clinton incontrava donatori della Clinton Foundation, ma che qualcuno ha cercato di cancellare le prove.
Emailgate, lo scandalo incancellabile
Il rifiuto del Direttore dell’Fbi di confermare o meno, davanti al Congresso Usa, se la Clinton Foundation sia collegata in qualche modo all’inchiesta sul server, non fa che aumentare i sospetti: Hillary Clinton, e suo marito Bill, hanno approfittato della posizione al Dipartimento di Stato per condurre affari privati.
La presunta nomination democratica alla Casa Bianca non prende neanche in considerazione un’accusa del genere; ma ormai sono le sue parole che vanno prese con le pinze: ogni volta che ha parlato dell’emailgate, Hillary Clinton ha mentito. Per sei anni ha tenuto nascosto il fatto che avesse utilizzato un server privato per le comunicazioni governative; quando è stata scoperta, ha costruito un castello di giustificazioni crollato miseramente:
– non era vero che il server era autorizzato
– non era vero che il server era protetto
– non era vero che sul server non erano transitate informazioni classificate
– non era vero che sul server non erano transitate informazioni marcate classificate
– non era vero che aveva consegnato tutte le email lavorative
– non era vero che il server non era stato hackerato (non è possibile stabilirlo con certezza, ma è altamente probabile)
– non era vero che aveva collaborato con le indagini interne al Dipartimento di Stato
Queste affermazioni sono state ripetute per oltre un anno in pubblico; e alcune sono state proferite durante l’audizione alla Commissione sui fatti di Bengasi, sotto giuramento.
Il Congresso ha già fatto pervenire all’Fbi la richiesta di aprire un’indagine per spergiuro a carico di Hillary Clinton, e l’esito appare scontato, visto che è ben documentato. Tuttavia Loretta Lynch, davanti alla House Judiciary Committee, lo scorso 12 luglio, ha già messo le mani avanti: “lo spergiuro va contestualizzato, l’incriminazione non è automatica.”
Molti membri della Commissione, tra cui giudici, avvocati e docenti di diritto, sono rimasti scandalizzati che a fare tale affermazione fosse il Segretario alla Giustizia.
E’ la stessa linea di principio utilizzata da Comey nella mancata applicazione della legge che vieta la diffusione di informazioni classificate su apparecchi e/o canali non autorizzati. Il Rappresentante Jason Chaffetz, in risposta alla Lynch, ha ribattuto: “Se la legge va sempre contestualizzata, allora la costituzione cessa di rappresentare una guida di comportamento per i cittadini.”
Le conseguenze dell’emailgate non finiscono qui: il Dipartimento di Stato ha riaperto un’inchiesta sulla gestione delle informazioni classificate da parte della Clinton tra il 2009 e il 2013. Tutti i suoi collaboratori rischiano di vedersi tolta l’autorizzazione a gestire informazioni classificate; fra di loro ci sono anche Huma Abedin, Cheryl Mills, Jack Sullivan, e altri assistenti storici dell’ex Segretario di Stato.
I Repubblicani intendono strappare l’autorizzazione anche alla stessa Clinton.
Qual’è la reazione della presunta nomination alla Casa Bianca di fronte all’aggravarsi dello scandalo? Secondo Hillary Clinton, Comey ha sbagliato a definirla “estremamente imprudente”, perchè non è vero; e poi, il Direttore dell’Fbi ha azzardato solo ipotesi sulla possibilità che il suo account sia stato hackerato; ed è colpa dello staff al Dipartimento di Stato se email marcate classificate sono transitate per il suo server.
Un atteggiamento di totale negazione dei fatti. In un’intervista alla Cnn Carl Bernstein, celebre reporter del caso Watergate, ha affermato: “In Hillary abbiamo visto, anche nella controversia del server, della vera paranoia: incolpa altri per problemi che lei stessa crea”.
Ma non basta: Clinton potrebbe essere chiamata a testimoniare presso una Corte Distrettuale, nella causa intentata dall’organizzazione conservatrice Judicial Watch contro Huma Abedin; è un’indagine sul doppio ruolo dell’assistente di Clinton: dipendente del Dipartimento di Stato e, in contemporanea, della Fondazione Clinton. E’ comunque un’inchiesta aperta sull’emailgate che giungerà a delle conclusioni indipendenti dall’Fbi, e che non terminerà certo solo perchè Clinton diventerà Presidente degli Stati Uniti.
Lo scandalo, di fatto, sta investendo tutte le principali istituzioni del Paese, e rischia di incrinare la fiducia nel sistema giudiziario. Loretta Lynch, come detto, è stata convocata dal Congresso per chiarire il suo incontro privato con Bill Clinton e la sua decisione/non decisione di incriminare Hillary Clinton; le risposte alle domande sono state così evasive da ricevere più volte richiami da parte del Presidente della House Judiciary Committe. Lynch, poi, sta convivendo con le voci che la vorrebbero candidata al Dipartimento di Giustizia in un’eventuale Amministrazione Clinton, come ha riportato il New York Times.
Il Direttore dell’Fbi Comey potrebbe essere convocato di nuovo in sede Congressuale per rispiegare le motivazioni di una non-incriminazione destinata a fare scuola nelle aule di giustizia americane. Tuttavia, Comey ha agito con un obiettivo nemmeno tanto velato: non è compito delle aule giudiziarie decidere il destino di una candidata, per un reato minore, a tre mesi dallle elezioni. Sua è la frase: “saranno gli elettori a punire o meno Hillary Clinton per la sua estrema imprudenza.”
Maureen Dowd, sul New York Times, ha espresso un giudizio durissimo: “i Clinton hanno contaminato tre delle figure più limpide di Washington”; oltre ai già citati James Comey e a Loretta Lynch, gli schizzi di fango stanno raggiungendo anche Barack Obama. Il Presidente Usa si è esposto più volte per difendere Hillary Clinton durante l’indagine criminale dell’Fbi – per altro mai chiamata così fino alla conferenza stampa di Comey del 5 luglio.
Lo scorso aprile, in un’intervista con Foxnews, il Presidente Usa ha affermato: “Sono convinto che Clinton non abbia messo in pericolo la sicurezza nazionale“. Quando, di fronte alla ricostruzione di Comey, nessuno può escluderlo.
Una pesante intromissione in un’indagine in corso, che ha una spiegazione politica: fin dall’inizio del 2015 Clinton è la candidata democratica per la Casa Bianca (il rivale Bernie Sanders non ha mai avuto uno chance): difenderla significa difendere il Partito Democratico; difenderla, per Obama, significa preservare la continuità delle sue politiche, e l’eredità dei suoi otto anni alla Casa Bianca.
Il Presidente Usa l’ha appoggiata ufficialmente a metà giugno, e ha cominciato ad affiancarla nella sua campagna elettorale proprio il giorno in cui il Direttore dell’Fbi la definiva” estremamente imprudente”.
Forse l’estrema imprudenza sarebbe davvero il male minore, visti i sospetti ben peggiori che pendono sulla candidata democratica alla Casa Bianca: il prossimo Presidente degli Stati Uniti potrebbe aver messo in pericolo la sicurezza nazionale pur di privilegiare i propri interessi privati.
Non sarà tanto semplice per la Clinton cancellare le conseguenze dell’emailgate, nemmeno dopo la non-incriminazione.
Di Cristiano Arienti
Fonti e Link Utili
I precedenti articoli su umanistranieri.it riguardo all’emailgate.
http://bigstory.ap.org/article/6ee62bc1899d45b1980f09fe750a7105/ap-fact-check-clinton-email-claims-collapse-under-fbi-probe
http://bigstory.ap.org/article/775550d62ef8487a975a2a1c1c8b1100/more-clinton-emails-released-including-some-she-deleted
http://bigstory.ap.org/article/858997d5d9a540688d316654a5bb0c15/clintons-state-dept-calendar-missing-scores-entries
http://wemeantwell.com/blog/2016/07/12/clinton-says-she-was-unaware-she-was-sending-classified-material-on-email-server/
http://edition.cnn.com/2016/07/10/opinions/hillary-clinton-biography-carl-bernstein/index.html?sr=twCNN071116hillary-clinton-biography-carl-bernstein1205AMStoryLink&linkId=26406697
http://thehill.com/policy/national-security/286002-clinton-aide-abedin-said-to-be-frustrated-by-private-server
http://www.reuters.com/article/us-usa-election-clinton-email-idUSKCN0ZO2FB?utm_campaign=trueAnthem:+Trending+Content&utm_content=57808d0504d30105eba1d358&utm_medium=trueAnthem&utm_source=twitter
Clinton was not "sophisticated enough" to recognize classified markings but tells staff to strip them out of emails. pic.twitter.com/YHW1Y69Jtk
— Sarah Westwood (@sarahcwestwood) July 7, 2016
@FBI Dear James–always check WikiLeaks. Our cables show that Clinton sent and recv'd tens of thousands of cables with "(C)" & "(S)" marks.
— WikiLeaks (@wikileaks) July 7, 2016