Trump contro Harris: la democrazia Usa alla prova del fuoco
“Pirotecnica”: scelsi questa parola per definire la campagna elettorale americana, a chiusura del pezzo “Dal Russiagate all’assalto al Congresso: crisi democratica e lotta per il potere nella sfida Biden-Trump“. Ero combattuto sull’opportunità dell’aggettivo: “pirotecnica” come spettacolare, avvincente; ma anche metafora dei “firecrackers“, i “mortaretti” uditi in Dealy Plaza nel 1963, quando il Presidente John F. Kennedy fu assassinato. Esitavo a usarlo perché evocava lo scenario peggiore: sangue sulle elezioni; era un presentimento, se non una previsione, eppure suonava: non si possono escludere assassinio e violenza politica, osservando la storia americana, anche recente.
Nel tentato golpe del 6 Gennaio 2021 la marmaglia trumpista puntava ai deputati, costretti a evacuare per salvarsi; una manifestante venne giustiziata nei corridoi del Campidoglio. Ancor prima c’era stata la sparatoria ad Alexandria, Virginia: un attivista di sinistra, nel 2017, fece fuoco su un raduno di deputati repubblicani, ferendo quattro persone. Nel 2011 la deputata democratica Gabby Gifford fu gravemente ferita in un’altra sparatoria, a Tucson, Arizona: l’autore della strage, 6 morti, fu dichiarato infermo; tuttavia da mesi la Gifford si sentiva minacciata, “sotto tiro” in un manifesto diffuso da Sarah Palin, stella repubblicana. Non c’era una connessione tra il manifesto e la strage, ma quella retorica rifletteva un clima politico irrespirabile.
Da tempo Trump è al centro di un ideale mirino: parte del Paese giudica il candidato repubblicano un criminale, uno stupratore, un traditore, un aspirante Mussolini. Il Presidente Joe Biden, durante la sua campagna, definiva l’ex inquilino della Casa Bianca “una minaccia esistenziale per la democrazia americana”. Il riferimento è al rifiuto di Trump a un passaggio di potere pacifico nel 2020, miccia dell’assalto al Congresso, per cui è tutt’oggi incriminato. Pur legittime, sono critiche che corrodono il clima elettorale.
Era lo scorso aprile quando pubblicai il mio pezzo; tre mesi dopo i firecrackers fendevano Butler, Pennsylvania. Per questione di millimetri gli Usa si sono risparmiati il cervello di Trump spiattellato in diretta televisiva, la sua sagoma cascare inerte.
“Non c’è spazio in America per questo tipo di violenza“, ha affermato Biden nel primo messaggio dopo l’attentato. “Un tentativo di assassinio è contrario a tutto quello che siamo come nazione. Questa non è l’America. […] Dobbiamo rimanere uniti.“
Avrebbe pronunciato le medesime parole durante l’elegia funebre per Trump, qualora le pallottole si fossero conficcate nel suo avversario, e non nei corpi degli astanti, uccidendone uno e ferendone tre. L’America si sarebbe riunita attorno al feretro di un uomo che metà del Paese odierebbe anche in morte. Con l’evenienza di sfoghi violenti di frange Maga, Make America Great Again, il movimento fedele al magnate; in un Paese dove i cittadini hanno il diritto costituzionale di possedere armi per sollevarsi contro un potere oppressivo.
Gente come Michael Flynn e Steve Bannon, alleati storici di Trump, invocano una “guerra spirituale” contro la palude di Washington, e dipingono i democratici come tirannici; sono ascoltatissimi dal Maga.
Per pacificare la nazione Biden avrebbe fatto un passo indietro, venendo meno il motivo della sua corsa: proclamarsi il migliore per battere Trump; e avrebbe lasciato campo alla Vice, Kamala Harris. Il gesto avrebbe rinsaldato la retorica di un’America capace di ritrovarsi nei momenti bui; con due candidati “immacolati”, pronti a ridare splendore alla “Casa sulla Collina”, l’immagine con cui gli Usa si ammirano allo specchio.
Il passo indietro Biden lo ha fatto, una settimana dopo Butler, ma sotto brucianti pressioni: l’avvicendamento con Kamala Harris era improrogabile, visto il declino psico-fisico dell’attuale Presidente; nel Partito tutti pronosticavano la sconfitta contro Trump, investito dall’aura del predestinato, pronto a immolarsi per le sue battaglie.
Alle Presidenziali si sfideranno un mancato golpista e una candidata che alle Primarie 2020 venne ignorata dalla base democratica; e che da Vice ha deluso in carisma e acume politico. Un duello inizialmente immerso nella melassa del “siamo l’America, una Nazione unita”.
La “tregua” non ha retto; soprattutto dopo il secondo tentativo di assassinare Trump. Il 15 settembre a Miami, Florida, un uomo armato si è appostato ai bordi del campo da golf del magnate; solo per la prontezza di un agente della scorta l’agguato è stato sventato.
Il candidato repubblicano ha accusato Biden e Harris di aver fomentato questa caccia all’uomo.
Kamala Harris era tornata a ribadire come l’ex Presidente sia una “minaccia per la democrazia”. Per molti costituzionalisti lo sarebbe, con l’adozione di Project 2025, un’agenda ultra-conservatrice per ridimensionare il Governo federale, e snaturare la bilancia di pesi e contrappesi a favore del potere esecutivo. Il secondo mandato Trump potrebbe rappresentare una metamorfosi per Washington: dal sistema bi-partitico all’autoritarismo presidenziale, sostenuto da un movimento popolare; e da un partito repubblicano, anche dopo l’assalto al Congresso, sfruttabile in cambio di obiettivi politici e seggi. I repubblicani non convertiti al Maga voteranno Harris; come Dick Cheney, ex Vice-Presidente di George W. Bush, e padrino dei Neo-conservatori. Di Trump Cheney ha detto: “è la più grande minaccia per la nostra Repubblica nei suoi 250 anni di storia.”
Non è verificabile un nesso tra questa retorica e i due tentativi di assassinare Trump; l’ex Presidente, per altro, tiene comizi verbalmente incendiari: “we fight – combattiamo”, è il suo mantra. Spesso i democratici ricordano che l’unico modo di battere l’avversario è nelle urne – i tentativi di arrestarlo per via giudiziaria per ora sono falliti.
Tuttavia i due attentati impongono considerazioni: che tipo di violenza era? Molti rifiutano di considerarne la matrice politica, puntando il dito contro due “lunatici”; la narrativa che avvolge i vari Lee Harvey Oswald, James Earl Ray, Shiran Shiran, John Hinckley Jr., i colpevoli per gli omicidi che hanno deragliato il corso dell’America, nel caso di John F. Kennedy, Robert F. Kennedy, e Martin Luther King; o che avrebbero potuto deviarlo, con il tentato assassinio di Ronald Reagan.
Il profilo del 20enne Thomas Crooks, il cecchino di Butler, corrisponderebbe: un giovane solitario, già bullizzato, con la passione per le armi e astioso verso Trump. Avrebbe agito senza complici o mandanti, ma l’indagine è aperta. Le modalità con cui Crooks è giunto a sparare sono inquietanti: si aggirava con fare sospetto sotto un edificio sorvegliatissimo vicino al palco; montando sul tetto con un fucile, è stato segnalato dalla folla, ma nessuno ha reagito. Trump è rimasto sotto il tiro per secondi, prima che l’attentatore venisse eliminato.
La protezione di Trump è a compito dei Servizi Segreti, e le falle di quel giorno sono costate il posto alla Direttrice Kimberley Cheatle; si è dimessa dopo un’audizione disastrosa, nella quale non ha saputo spiegare perché un uomo armato, in aperta campagna, abbia preso la mira e fatto fuoco sull’ex Presidente.
Destano ancor più dubbi il profilo del secondo attentatore e la tempistica con cui ha teso l’agguato a Trump. Il 58enne Ryan Routh risponderebbe all’identikit del “cane sciolto”: già condannato per possesso illegale di armi, era attenzionato da almeno un paio d’anni: dal viaggio in Ucraina, dove si spacciava per reclutatore di afgani contro i russi – una storia finita sulla stampa. Il suo anti-trumpismo era fobico, tanto da pubblicare un libretto contro l’ex Presidente, auspicandone l’assassinio.
L’altra questione è la presenza di Routh a Miami durante il soggiorno di Trump, non inserito nell’agenda pubblica; e l’appostamento ai bordi del campo da golf, nascosto in un cespuglio armato di fucile. Il 58enne è stato incriminato per aver pianificato l’assassinio dell’ex Presidente, ma si è dichiarato non-colpevole, e non coopera; il processo è rinviato a data da destinarsi per la mole di prove da visionare. E’ molto probabile che Routh avesse indovinato gli spostamenti di Trump, scommettendo sulla passione per il golf; ma nessuno può escludere che l’uomo abbia ricevuto un’imbeccata: lo spettro di un complotto per uccidere il candidato alla Casa Bianca. Negli Usa si bisbiglia appena di questa ipotesi.
Il giorno dell’agguato di Miami La Lettura ha pubblicato un saggio di Richard Ford sulle elezioni di novembre: in tre paginate lo scrittore americano non ha speso una parola sull’attentato di Butler; una rimozione che assomiglia a uno stato di negazione, piuttosto che a un silenzio scaramantico. Gli Stati Uniti, d’altronde, sono il Paese dove non è ancora socialmente accettabile dire che a Dallas, nel 1963, ci fu un golpe.
In un editoriale il New York Times domanda perché Trump cerchi bagni di folla, mettendosi a repentaglio da sé. L’ammissione involontaria che assassinio e violenza politica sono interiorizzati in America, con una comoda attenuante: attentati come quelli di Butler e Miami saranno sempre razionalizzati come gesti di lunatici; e per gli interrogativi che sollevano, il tempo diluisce il bisogno di risposte, sempre che siano esaurienti.
A un mese scarso dalle elezioni c’è un Presidente, Biden, allarmato per quello che accadrà dopo il 5 novembre, qualora Trump perdesse; e c’è un ex Presidente ancora convinto che nel 2020 si consumò un furto elettorale: perciò non si è impegnato a concedere la vittoria alla Harris, se le urne gli saranno sfavorevoli. Elezioni che sono già diventate, per la democrazia Usa, una prova del fuoco.
di Cristiano Arienti
In copertina: murales raffigurante Donald Trump sopravvissuto all’attentato di Butler, e Kamala Harris
Fonti e link utili
Donald Trump shooting task force issues sweeping requests to DHS, Secret Service (thehill.com)
New apparent Trump assassination attempt highlights Secret Service strains | Reuters
How Project 2025 would treat Helene survivors – E&E News by POLITICO (eenews.net)
A Victim of Crime and a Threat to Democracy | Lawfare (lawfaremedia.org)
Biden’s new campaign strategy: Go for Trump’s jugular (axios.com)
Special counsel files reworked indictment against Donald Trump in January 6 case | CNN Politics
Biden says he is ‘concerned’ about election being ‘peaceful’ – POLITICO
Paul Dans, the Man Behind Project 2025’s Most Radical Plans — ProPublica