Caso Waters: Isgrò cancella la sua arte
Il Tribunale di Milano prende rullo e vernice, e dà una bella passata sull’arte come libera reinterpretazione della realtà: non sono le idee a ispirare un’opera, non è un concetto a generare una rappresentazione grafica, ma è la forma espressiva a determinarne l’originalità; idee e concetti, di conseguenza, diventano secondari di fronte al risultato visivo di esercizi tecnici anche diversi tra loro. Come se Piero della Francesca, avendo perfezionato la prospettiva introdotta da Giotto, reclamasse la paternità dell’intera arte pittorica dal ‘400 a oggi. E’ così che suona il giudizio della giudice Silvia Giani della sezione specializzata in materia di imprese, che ieri ha confermato l’ordinanza emessa lo scorso 16 giugno: si blocchi la diffusione a scopo commerciale dell’album “Is This the Life We Really Want” di Roger Waters, almeno finchè verrà diffuso con l’attuale copertina; l’artwork, secondo la giudice, plagia le opere dell’artista Emilio Isgrò, in particolare le “Cancellature”, del 1964. Il Tribunale offre 15 giorni di tempo per il ritiro dell’album, tornato in distribuzione per un breve periodo con l’assenso dell’artista siciliano: dopo di che, la Sony dovrà pagare una penale di 100€ per ogni album commercializzato.
Per la giudice, l’opera di Isgrò va tutelata per la forma rappresentata, cioè le “cancellature”: l’artista è detentore di un diritto esclusivo, consolidato in decenni di esercizio, oltre che dall’apprezzamento di pubblico e critica a livello mondiale; Roger Waters e la Sony hanno riprodotto illecitamente questa forma rappresentata, e unita al disco l’hanno distribuita a fini commerciali.
Non sono bastate le riflessioni Vittorio Sgarbi, critico di parte, il quale ha spiegato: Isgrò non ha inventato nulla, la “cancellatura” è una forma espressiva utilizzata già da altri artisti, come ad esempio Man Ray nel Poema Ottico del 1924.
A questi rilievi, come riporta Il Sole 24 Ore, la giudice ha ribattuto: “il raffronto è puramente estrinseco, cioè casuale, e le differenze sono evidenti.”
Di sicuro la giudice non ha tenuto presente l’opera “Vive” di William Xerra del 1975, e tutta la critica da essa sviluppatasi: si tratta di un accostamento delle “cancellature” di Man Ray a quelle di Isgrò, e la constatazione che l’artista americano “vive” nell’opera del suo epigono siciliano. Isgrò, insomma, è un continuatore della forma espressiva di Man Ray; quest’ultimo però aveva candidamente ammesso di essersi ispirato a un altro poeta, il tedesco Christian Morgenstern e il suo Canto Notturno del Pesce, poema sperimentale del 1905. Una linea di continuazione, fra Morgenstern, Man Ray e Isgrò, di dominio pubblico nell’ambiente artistico. Tanto che Sebastiano Grasso, critico del Corriere della Sera, nel 2008 aveva sottilmente sbeffeggiato il poeta siciliano, definendo Man Ray “un veggente”: il dadaista aveva riprodotto con anni di anticipo la forma rappresentata che Isgrò pretendeva di aver inventato.
In realtà è Heinrich Heine il precursore, a livello concettuale e grafico, della forma espressiva in questione; Morgenstern, da buon tedesco, conosceva perfettamente i Quadri di Viaggio, raccolta di poemi pubblicata nel 1827, la quale ebbe un discreto successo nei circoli letterari europei. Nel Capitolo XII Heine compone una satira sulla censura tedesca:
“I censori tedeschi [cancellature] idioti [cancellature]”.
Gli Hoenzollern perseguitarono il poeta per la sua opposizione allo spirito bellicista che dominava la Prussia; arrivarono a vietare la pubblicazione delle sue opere, esiliandolo e minacciandolo anche all’estero.
E’ proprio la censura il tema d’ispirazione alla base dell’artwork dell’album di Roger Waters, come hanno avanzato gli stessi avvocati dell’artista davanti al Tribunale di Milano; come è lampante a chi conosca poco le opere di Isgrò (o il poema di Man Ray). I testi delle canzoni, ad esempio in Picture That, richiamano esplicitamente a Guantànamo Bay, la prigione americana dove sono detenuti uomini sospettati di attività terroristiche, ma senza capi di imputazione. Un buco nero legale nel quale è stato rinchiuso per anni, da innocente, anche Mohamedou Ould Slahi, cittadino della Mauritania; Slahi ha scritto una memoria della sua esperienza di abusi e torture: Il Diario di Guantanamo, pubblicato nel 2015. Il libro presenta centinaia di pagine “sanitized”, ovvero censurate dal governo americano. Come del resto sono “sanitized” centinaia di migliaia di documenti ufficiali declassificati, ma con identità, o verità, troppo sensibili da rendere pubbliche. Questa tecnica di censura viene operata da tempo anche sui documenti ufficiali dell’Unione Europea: è così che Bruxelles tiene all’oscuro i cittadini di questioni particolarmente delicate. I documenti “sanitized”, come evidenziato su UmaniStranieri in un precedente articolo sul caso Waters-Isgrò, è una forma espressiva ormai iconica: non c’è alcun motivo per dubitare che allo Studio Ichimoto di New York, dove hanno curato l’artwork di Is This the Life We Really Want, si siano ispirati ai testi di Waters, al Diario di Guantanamo, e ai documenti “sanitized”. Un’ulteriore prova sta proprio nella tecnica di copertura dei testi: Isgrò opera la cancellazione con un paziente lavoro di pennellino e china, parola per parola, mentre i documenti censurati vengono “sanitized” con un deciso tratto di evidenziatore o pennarello. La censura cancella intere righe – ed è possibile apprezzarlo nell’artwork di Is This the Life We Really Want. La forma rappresentata, perciò, diventa una coincidenza di due percorsi concettuali e creativi profondamente diversi, che non hanno nulla in comune se non una rassomiglianza visiva. Con la tutela della forma a tutti i costi, senza riconoscere l’ispirazione, la tecnica di rappresentazione, il simbolismo e il messaggio di un’opera, si può difendere una particolare idea di diritto d’autore; ma così si distorce l’idea di arte come libera rappresentazione della realtà; anche se si tratta del semplice artwork di un album musicale. Soprattutto se si cerca di tutelare una forma espressiva come quella delle cancellature di Isgrò: tracciare delle righe su un testo. Per la giudice Giani quelle elementari righe nere non sono in alcun modo associabili ai documenti “sanitized”.
In una recente intervista a Artribune l’artista siciliano spiega: “L’arte non può trascurare un rapporto vero e sano con il pubblico”. Con la decisione del tribunale di Milano, ecco il messaggio di Isgrò al pubblico che non lo conosce: senza il mio benestare, Roger Waters non può parlarvi di censura, né di Guantànamo Bay, o della crisi di valori che minaccia la nostra società.
La cancellatura di Isgrò, da libera reinterpretazione della realtà, è così diventata il simbolo di un oscurantismo vero, operativo. L’artista siciliano ha preso rullo e vernice e sta dando una bella passata a una linea artistica, la sua, costruita in 50 anni di carriera.
Aggiornamento: Isgrò rinuncia all’azione penale contro Roger Waters. I due artisti hanno avuto modo di conciliare – sebbene non si conosca se vi sia un accordo di tipo economico. Waters ha dichiarato di aver sviluppato in prima persona il concept grafico dell’album. Ha aggiunto che non sapeva delle opere di Isgrò, e che questa è stata l’occasione di conoscerle, e di scoprire come la lotta alla censura sia uno dei temi cari anche dell’artista italiano. – articolo di Rolling Stones Italia
di Cristiano Arienti
Negare la propria identità per affermarla. Intervista a Emilio Isgrò
In Copertina: Heinrich Heine – Capitolo XII
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