Riscaldamento globale: i cittadini indifesi contro i cambiamenti climatici
Il 24 giugno scorso, un tribunale dell’Aia ha sentenziato che entro il 2020 il Governo olandese dovrebbe ridurre le emissioni di gas serra (CO2) del 25% rispetto a quelle registrate nel 1990. Secondo la Corte, che si é espressa sul ricorso di un privato cittadino, Amsterdam non starebbe facendo abbastanza per contrastare il Riscaldamento globale, e i cambiamenti climatici che da esso ne derivano.
La sentenza, di primo grado, si sovrappone agli accordi stipulati nel 2008 dai Paesi membri della Ue: taglio del 20% rispetto al 1990, e incremento del 20% dell’uso di energia rinnovabile, entro il 2020.
Questa politica ambientale mira a tenere sotto i 2 gradi l’innalzamento delle temperature, rispetto alle misurazioni pre-Rivoluzione industriale, entro la fine del 2100; un obiettivo giudicato ambizioso: il tentativo di diminuire i gas serra per ora non ha rallentato il Riscaldamento globale. Le temperature dello scorso decennio, da che esistono misurazioni, hanno battuto ogni record. Giugno, quest’anno, non è mai stato così infuocato, e il 2015 si avvia a diventare l’anno più caldo di sempre.
Gli stessi gas serra, quest’anno, sono tornati ai livelli massimi: la CO2 già in circolo è di oltre 400 particelle per milione, mentre era di 120 in epoca pre-industriale; la quantità già presente nell’atmosfera è destinata a rendere l’effetto serra un fenomeno durevole nel tempo: verrà sentita anche fra 150 anni, qualora si arrestassero le emissioni dei gas già da oggi. E le politiche ambientali non sembrano diminuire la criticità dei cambiamenti climatici: ne é un esempio la velocità con cui si sta innalzando il livello degli oceani; o l’inarrestabile scioglimento dei ghiacciai alpini, come ha sottolinato il geofisico Claudio Cassardo dell’Università di Torino; o lo spostamento a nord del Niño, un fenomeno climatico che colpisce periodicamente la costa centro-meridionale del continente americano: quest’anno, infatti, ha investito anche gli Stati Uniti, e in particolare la California, lo Stato di Washington e l’Alaska.
In vista della Conferenza Mondiale sui Cambiamenti Climatici (Unfccc) a Parigi, il prossimo novembre, l’Unione europea si é data una nuova ambiziosa agenda: tagliare le emissioni del 40% entro il 2030.
Il successo della Conferenza Mondiale di quest’anno dipende anche dalla volontà dei grandi Paesi industrializzati, Cina, Stati Uniti e Russia, di impegnarsi concretamente a livello globale; vanno convinti anche Paesi che bruciano immense porzioni di foresta per il legno, come il Brasile, o per l’olio di palma, come l’Indonesia.
Proprio Cina e Stati Uniti sono i due più grandi inquinatori del mondo: per mantenere in funzione il loro complesso urbano-industriale, bruciano grosse quantità di energia prodotta dagli idro-carburi (petrolio, gas e carbone). Lo scorso novembre 2014 i due Paesi hanno raggiunto un accordo: Washington intende ridurre del 28% le emissioni di CO2, entro il 2025; mentre Pechino ha dichiarato che il picco di emissioni avverrà entro il 2030, senza tuttavia specificarne la quantità.
Gli sforzi dei Paesi europei rischiano di essere vanificati se gli altri attori non dovessero confermare il loro impegno nella lotta al riscaldamento globale; o dovessero avanzare piani poco coraggiosi alla Conferenza di Parigi. Ad esempio la Russia, dipendente dagli idro-carburi: panifica di ridurre le emissioni del 25% entro il 2028, ma con stime di crescita bassissime e irreali.
Ancora per il prossimo decennio continuerà ad aumentare i gas serra nell’atmosfera, ma la Cina si è votata alla “green economy“: essendo retta da una ferrea dittatura, pianifica gli obiettivi con largo anticipo, e cercherà di diventare davvero il massimo produttore di energia rinnovabile al mondo. A spronare il Governo sono gli stessi cittadini: sui social network in milioni hanno dato vita a un dibattito pubblico sui rischi dell’inquinamento, creando una sorta di “movimento verde”; per la prima volta in decenni non si é scatenata nessuna repressione da parte delle autorità di Pechino.
Come sottolineato dal periodico The Atlantic, negli Stati Uniti il problema pare più complesso: se nel 2016 verrà eletto un repubblicano, gli accordi stipulati dal Presidente Barack Obama potrebbero divenire carta straccia. Il Protocollo di Kyoto del 1997, sottoscritto dal Presidente Usa Bill Clinton, venne rigettato dal suo successore, George W. Bush, petroliere come suo padre George H. W. Bush. Entrambi i Bush avevano fatto del petrolio il faro della politica estera Usa, con le Guerre del Golfo (1991, 2003), e l’alleanza con il maggior produttore di petrolio al mondo, l’Arabia Saudita; entrambi i Bush, poi, hanno appoggiato le istanze delle compagnie produttrici di idro-carburi, in particolare quelle petrolifere, nell’ignorare gli avvertimenti del Global Warming.
Già nel 1981 la Exxon aveva sottomano ricerche scientifiche inoppugnabili: le emissioni di gas serra avrebbero innalzato le temperature e scatenato cambiamenti climatici. La grande compagnia petrolifera decise di finanziare ricerche scientifiche che “provassero” il contrario. Anche i fratelli Koch, a capo di un gigante del carbone, hanno donato decine di milioni di dollari a enti che negano il Riscaldamento globale.
Per molti anni gli organi di informazione generalisti, con l’intento di apparire equilibrati o per paura di toccare gli interessi dei produttori di idro-carburi, hanno sminuito il grido d’allarme della comunità scientifica, riunita ogni anno all’Unfccc. Ne è derivata la mancata sensibilizzazione dell’opinione pubblica, confusa da tesi contrastanti su un fenomeno complicato che si estende nel futuro a medio e lungo termine.
La mancanza di pressione dell’opinione pubblica ha permesso ai governi di non prendere decisioni drastiche riguardo alla riduzione dei gas serra. L’Unione europea ha implementato un tetto sull’utilizzo del carbone, ma in realtà una tassa sul carbone va estesa a livello globale per ridurre davvero l’emissione di CO2.
Eppure oggi il dibattito, nei parlamenti e nei media, è fermo sul grado di accettazione del riscaldamento antropico. Naomi Klein, autrice del libro Una rivoluzione ci salverà, è stata duramente criticata: si sarebbe limitata a invocare un nuovo rapporto dell’uomo con la Terra, basato sul rispetto del pianeta, e un cambiamento negli stili di vita; ma non avrebbe fornito dati macro-economici sul problema. Come se non fossimo investiti quotidianamente da notizie sui cambiamenti climatici derivanti dal Riscaldamento globale; o da analisi (spesso negative) della transizione dagli idro-carburi alle rinnovabili.
In fondo basta leggere i rapporti delle associazioni governative, come l’Agenza Nazionale Americana per l’Atmosfera e gli Oceani (Noaa), o private, come il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc). La stessa Unfccc basa i suoi risultati su un centinaio di organizzazioni scientifiche. I media, piuttosto, avrebbero dovuto guardare con più sospetto tutte quelle ricerche che vanno contro la stragrande maggioranza della comunità scientifica: recenti studi indicano come il 97% degli scienziati imputano la causa dei cambiamenti climatici nel riscaldamento globale antropico; anche se questo dato fosse gonfiato, la minoranza degli scettici non è affatto compatta nell’offrire una lettura alternativa della questione.
Eppure il favorito alla Casa Bianca nelle elezioni del 2016 è un negazionista; Jeb Bush, della dinastia Bush, ha affermato che il fenomeno del riscaldamento globale esiste, ma non si sa con certezza quale sia la causa.
L’elezione di Jeb Bush potrebbe infliggere un colpo mortale al tentativo di tenere sotto i due gradi il riscaldamento globale.
Esiste il timore che salito alla Casa Bianca, Bush cancelli qualsiasi accordo preso da Barack Obama all’Unfccc di Parigi. L’attuale Presidente Usa non è riuscito a imporre un’agenda davvero ambientalista alla sua amministrazione, a causa di un Congresso compatto nel negare il Global Warming antropico; per ragioni di politica interna ha poi avvallato le trivellazioni nelle acque artiche dell’Alaska, in una folle competizione con la Russia, pronta a bucare la sua porzione di Artico a caccia di petrolio.
Tuttavia Obama, almeno, ha prodotto uno sforzo sul piano culturale: ha chiarito ai cittadini americani che il riscaldamento globale antropico è una minaccia, ed è necessario ridurre le emissioni di gas serra per evitare cambiamenti climatici troppo rapidi.
Un pericolo poco sentito in Occidente, ma al primo posto fra le popolazioni di Brasile, India e Cina, secondo una recente ricerca del Pew Research Centre; in generale, il riscaldamento globale è già un incubo nei Paesi sottosviluppati, dove sono costretti a migrare decine di milioni di rifugiati climatici.
Non sarà affatto rapida, invece, la transizione dall’energia carbon-fossile all’energia pulita – escluso il nucleare, una fonte temuta dalle popolazioni, come spiega l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). Proprio secondo le stime della IEA, sarà difficile mantenere la temperatura sotto i 2 gradi: la richiesta di elettricità è in costante aumento, ma le cosiddette rinnovabili, dal solare all’eolico, costituiscono solo il 9% dell’energia prodotta. Il solare, ad esempio, è ancora troppo caro rispetto al carbone, e senza sussidi statali il settore fatica a diventare competitivo.
Eppure, nelle prossime decadi sarà necessario arrestare le emissioni di gas serra per evitare che i cambiamenti climatici ci colgano impreparati; negli scenari peggiori proposti dal Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) – ovvero un rapido aumento delle temperature superiore ai 2-3 gradi – i rischi sono apocalittici: dalle coste sommerse a inondazioni di intere pianure, dallo scioglimento dei ghiacci alla desertificazione, dal declino della produzione alimentare all’ingovernabilità di intere regioni, dallo scoppio di epidemie all’estinzione di numerose specie animali.
E di “estinzione del genere umano” ha parlato il Governatore della California Jerry Brown, da anni alle prese con una siccità di proporzioni enormi. “Dobbiamo prendere delle misure contro un futuro incerto che potrebbe rivelarsi insopportabile. Stiamo parlando di estinzione: di regimi climatici che non si registravano da milioni di anni.”
Brown parlava a Roma, durante una conferenza mondiale sul clima voluta da Papa Francesco, il quale ha da poco pubblicato l’enciclica Laudato sii. Fra i vari temi toccati, il Pontefice lamenta “una crisi ecologica molto profonda; uno sviluppo insostenibile, unito alla ricerca di uno stile solo consumista, condurrà inevitabilmente a un futuro di disastri”.
E soprattutto ha denunciato “coloro che detengono il potere economico o politico, perché si concentrano a mascherare o nascondere i sintomi e i problemi del Riscaldamento globale. Questo è possibile, ha continuato Papa Francesco, anche per l’indifferenza generale verso una questione che invece riguarda ognuno, essendo tutti noi abitanti della Terra.”
E in questo mare di indifferenza c’è chi, come il kayakista di Seattle, tenta di bloccare la piattaforma di trivellazione salpata per il mare artico; o come il privato cittadino olandese, il quale ha portato in tribunale il Governo del suo Paese accusandolo di non fare abbastanza per arrestare il Riscaldamento globale. Sono forme di autodifesa contro una classe politica non in grado – per debolezza, incapacità o corruzione – di affrontare la minaccia dei cambiamenti climatici. Sono forme di autodifesa contro un’industria dell’energia da tempo impegnata a sfruttare le risorse del pianeta, ma senza un vero e onesto dibattito sui pericoli e i rischi che stiamo correndo. E’ una lotta che riguarda anche i nostri figli, i nostri nipoti, e le future generazioni che abiteranno la Terra.
Di Cristiano Arienti
Foto in copertina di Julian Stratenschulte
Fonti e link utili oltre a quelli linkati nell’articolo
http://apps.unep.org/publications/pmtdocuments/-Global_trends_in_renewable_energy_investment_2015-201515028nefvisual8-mediumres.pdf.pdf
http://www.takepart.com/article/2015/07/09/climate-consensus-deniers-97-percent-is-wrong
http://carnegieendowment.org/files/climate_change_eu_security.pdf
https://en.wikipedia.org/wiki/Intended_Nationally_Determined_Contributions
http://phys.org/news/2015-05-climate-science-denial-affects-scientific.html