I cieli dell’Ucraina e lo spirito del nostro tempo
Nei cieli dell’Ucraina si sta dipingendo un futuro nero per l’Europa e per il mondo. Lo scorso 15 luglio 11 civili sono morti durante il bombardamento aereo di Shizne, Ucraina dell’est, dove vivono la maggior parte degli 8 milioni di ucraini di etnia russa (su un totale di 45 milioni). La campagna militare, partita a giugno, è stata lanciata dal neo presidente filo-occidentale Igor Poroschenko contro i separatisti nelle regioni di Lugansk e Donetsk; questi ultimi non hanno accettato la rivoluzione di piazza che aveva costretto alla fuga Viktor Yanukovich e il suo governo filorusso.
Secondo l’Unhcr (Alto Commissariato per i rifugiati), dall’inizio del 2014, 110.000 persone sono fuggite dall’Ucraina dell ‘est, soprattutto nelle ultime settimane, dopo che l’esercito di Kiev ha iniziato la campagna di bombardamento aereo. Dall’inizio delle sommosse di piazza nel novembre 2013, si contano almeno 500 vittime tra combattenti e civili. La maggior parte delle vittime si contano nella regione di Lugansk, dove sembra che l’esercito di Kiev abbia avuto la meglio sui separatisti. Nella regione di Donetsk, invece, i ribelli sembrano meglio equipaggiati militarmente per contrastare l’offensiva.
I separatisti sono entrati in possesso di batterie antiaeree che sarebbero in dotazione all’arsenale della Russia di Putin. Almeno 10 velivoli dell’esercito ucraino sono stati abbattuti nei cieli delle regioni dell’Ucraina dell’est.
Secondo ricostruzioni attendibili, sarebbero stati propri i separatisti ad abbattere lo scorso 17 luglio il volo passeggeri MH17, l’aereo della Malaysia Airlines con a bordo 298 persone. Nessuno è sopravvissuto. E il fatto che la maggior parte delle vittime sia di nazionalità europea ha fatto precipitare gli eventi. La Russia, proprio per il suo coinvolgimento nella crisi Ucraina e l’annessione unilaterale della Crimea, era stata ripetutamente colpita da sanzioni diplomatiche, finanziarie ed economiche, promosse in particolare dagli Stati Uniti e, in parte, anche dall’Unione Europea.
L’Occidente chiede a Mosca di cooperare per una inchiesta indipendente, facendo pressioni sui separatisti per lasciare libero accesso al luogo del disastro e al materiale probatorio. Putin, secondo l’Associated Press, nega qualsiasi influenza sui ribelli, che ancora oggi respingono qualsiasi addebito per l’abbattimento del volo MH17. Oggi gli emissari dell’Osce hanno potuto eseguire un sopralluogo, e pare che sia stata ritrovata almeno una delle scatole nere da parte dei separatisti.
Si profilano tempi lunghi per l’inchiesta sul disastro del MH17, e si prevede un viaggio a ostacoli per giungere alla verità. Quando gli interessi in gioco sono così delicati, appurare i fatti può diventare impossibile, come è avvenuto per il DC9 italiano abbattuto nei cieli di Ustica durante una battaglia aerea tra Libici, Americani e Francesi. A oggi non si sa ancora chi abbia sparato il missile. Per la Malaysia Airlines si tratta poi del secondo disastro aereo in pochi mesi: lo scorso marzo il volo passeggeri MH370 con 239 persone a bordo è scomparso dai radar e non se ne è saputo più nulla.
I maggiori organi d’informazione occidentali, però, hanno già condannato il leader russo Vladimir Putin per la morte dei 298 civili. Il Cremlino avrebbe portato avanti la stessa politica nazionalista già vista in Georgia nel 2008, quando l’esercito di Mosca invase due regioni filorusse, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, dopo mesi di provocazioni con il governo europeista e atlantista di Tibilisi. Da mesi la Nato, per voce del suo segretario Anders Fogh Rasmussen, puntava il dito contro la Russia, accusandola di aver già preparato l’invasione nell’Ucraina dell’est qualora Kiev schiacciasse i separatisti. Il Sunday Times di Rupert Murdoch ha collegato visivamente il volto di Putin con quello delle vittime.
E proprio il giornale del magnate della NewsCorp ha pubblicato oggi un editoriale di David Cameron: il primo ministro, noto per i suoi legami con Murdoch, accusa il leader russo per la morte dei 298 passeggeri del volo MH17, e gli intima di ritirarsi dall’Ucraina; in caso contrario, auspica che l’Europa agisca con sanzioni ancora più dure contro Mosca, oltre a quelle emanate nei confronti delle figure più vicine a Putin. Vale la pena ricordare che i giornali di Murdoch, quando il suo amico Tony Blair era primo ministro, fomentarono nell’immaginario collettivo il terrore che l’Iraq di Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa in grado di colpire l’Inghilterra in 45 minuti.
E l’intreccio tra media e politica si estende oltre atlantico. Dagli Stati Uniti l’autorevole editorialista Anne Appelbaum, in un articolo apparso sul Washington Post e su Slate, raccomanda l’Occidente di prepararsi a combattere la Russia, qualora Putin non fermi la guerra con Kiev. La Appelbaum è moglie del ministro degli esteri polacco Radoslaw Sikorski, candidato alla poltrona di ministro degli esteri dell’Ue e forte oppositore di Mosca; la giornalista da mesi afferma che in Ucraina non esiste una resistenza filorussa, ma un’infiltrazione di mercenari russi.
In Occidente i politici, i militari e i media rischiano di trasformare il disastro del MH17 in un “casus bellis”: un evento detonatore che potrebbe scatenare un conflitto se sfuggisse di mano la strategia anti-Putin, un dittatore corrotto che non ha esitato a radere al suolo Grozny.
Il parallelo continuo con l’11 di Settembre, poi, proposto anche dall’ambasciatrice Usa presso l’Onu Samantah Power, aumenta l’aura di ineluttabilità al corso degli eventi. Eppure la Power, che venerdì ha accusato Putin di aver fornito l’arma che ha abbattuto il volo della Malaysia Airlines, ignora che le vittime dell’11 Settembre stanno ancora aspettando giustizia: da anni i parenti chiedono la declassificazione di un capitolo del rapporto della Commissione del Congresso che incrimina il governo straniero che ha sostenuto sul piano logistico e finanziario i dirottatori nei due anni precedenti l’attacco terroristico.
E proprio gli Stati Uniti non hanno da impartire lezioni; nel 1988 il volo passeggeri Iran 655 venne abbattuto nel Golfo Persico dalla Vincennes, una nave della marina Usa. Le vittime furono 290, tutte civili; a oggi gli Stati Uniti, pur avendo versato un indennizzo ai parenti delle vittime, negano le proprie responsabilità e non hanno mai offerto le proprie scuse agli iraniani.
E le scuse da parte di chi ha abbattuto il volo passeggeri MH17 sarebbero il punto di partenza per alleviare il dolore dei parenti delle vittime. La speranza è che arrivino prima che si pronunci l’inchiesta indipendente pretesa da tutti: un’indagine che dovrà stabilire anche le responsabilità della Cao: l’Organizzazione dell’Aviazione Civile non aveva segnalato ufficialmente l’Ucraina dell’est come zona off-limits mentre quasi tutte le compagnie aeree evitavano quella rotta da settimane (fonte).
Senza giustizia, altrimenti, rischiano di rimanere solo le parole incendiarie di questi giorni, che stanno gettando benzina in un regione già in fiamme come l’Ucraina. Il fine di questa strategia potrebbe essere quello di isolare Vladimir Putin dal resto del mondo: ma se c’è una persona che in questi 20 anni ha imparato a giocare con il fuoco, quella persona è Vladimir Putin.
E il dramma è che tutti potremmo pagare lo scotto di questo scontro.
Purtroppo il grave pericolo che stiamo correndo in Europa è oscurato dal fumo proveniente da altri cieli; altri bombardamenti aerei stanno uccidendo civili in Medioriente.
I morti di Gaza e quelli dell’Ucraina, in apparenza, non hanno nessun legame: in realtà sono vittime dello “Spirito del nostro Tempo“.
di Cristiano Arienti
In copertina: foto di John Stanmeyer – Word Press award 2014