Gangnam style e la danza del dissidente Ai Weiwei
Nessuno riesce a resistere al ritmo del Gangnam style, la hit del rapper sudcoreano Psy: un ballo mondiale, corale, sulle note techno-cratiche della dance-music. Perfino Ai Weiwei, poliedrico artista cinese, ne è stato contagiato: tanto da realizzare una parodia del video ufficiale. Designer – ha contribuito a costruire il “Nido d’uccello”, lo stadio olimpico di Pechino – fotografo, scultore e cineasta, Ai veste i panni esilaranti di Psy; corpulento, snodato come un improbabile John Belushi, canta in playback e saltella come un rospo. Attorno a lui gli amici che si divertono come matti a roteare i lazzi della fantasia e cavalcare puledri immaginari. Eppure proprio a Pechino le autorità non l’hanno presa bene; forse perchè nel video, a un certo punto, Ai Weiwei tira fuori dalla tasca un paio di manette e le agita; in una scena successiva, se le ritrova al polso, legato a uno strambo agente. La scena riporta alla mente l’arresto di Weiwei, diventato attivista politico proprio in quel 2008 delle Olimpiadi, quando un terremoto devastò il Sichuan; migliaia di bambini morirono nel crollo delle scuole, costruite con cemento “disarmato”: qualcuno, tra imprese edili e autorità, aveva fatto la cresta sui soldi da investire nei materiali. In Italia una decina di persone sono state portate davanti a un tribunale per rispondere del crollo della “casa dello studente”, a L’Aquila, venuta giù come castello di carte durante il terremoto del 2009: mancate ispezioni antisismiche e cemento scadente potrebbero essere la vera causa delle morte di 8 ragazzi, e non solo, come dicono esimi sismologi, le scosse telluriche. In Cina no. Nessuno ha mai pagato per quei soffitti piovuti in testa a 5.385 bambini, secondo la lista che Ai Weiwei ha compilato di suo pugno visitando il Sichuan nei mesi successivi alla tragedia. Un affronto, quello di indagare sulle mancanze delle autorità comuniste, da punire con due mesi d’arresto senza alcuna accusa ufficiale; in quel periodo Ai ricevette abbondanti razioni di botte, che lo hanno messo in serio pericolo di vita.
E’ il “chinese style”, il prepotente passaggio dei burocrati comunisti sulle teste di uomini che pretendono il diritto di parola; e in nome di che cosa? Nel 2008, durante la celebrazione delle olimpiadi, abbiamo imparato bene il concetto di armonia accostato alla società cinese. Da ieri però ci crediamo un po’ meno, e pensiamo che il motore di tutto, anche lì, siano i soldi. Il New York Times ha pubblicato una doviziosa inchiesta sulla famiglia di Wen Jabao, potente primo ministro cinese. Nel 2008 l”uomo del popolo, così viene chimato Wen, pianse accanto ai genitori di quei bambini sepolti sotto le scuole del Sichuan. In realtà la moglie e il figlio già sedevano su una ricchezza oggi stimata attorno ai 2,7 miliardi di dollari; beni accumulati investendo in modo spregiudicato denaro pubblico, favoriti da una posizione dominante durante il boom capitalistico. In Cina i burocrati e le loro famiglie si stanno comprando di tutto nel mondo, ma fare affari lì è proibitivo anche per l’opacità della sua economia parastatale; le imprese private hanno ramificate connessioni con il partito, a partire dal futuro presidente Xi Jinping fino al capetto di provincia, il Fiorito cinese di turno.
In Cina è un “magna-magna” senza ritegno, perfino dei soldi destinati alle scuole, e però Ai Weiwei non può ballare il Gangnam style: il suo video è stato censurato in patria, come del resto è stato bloccato il sito del New York Times e l’inchiesta sulla famiglia di Wen Jabao. In Cina la musica è sempre la stessa noiosa “armonia”, ancora lontana dal ritmo techno-cratico che ha ispirato la danza del dissidente.