Passato, presente e futuro dell’Unione europea
Breve cronologia della storia europea
30 gennaio 1945 – Gli Alleati bombardano molte città del nord Italia, tra cui Gallarate. Tre giorni prima hanno liberato il campo di sterminio di Auschwitz, nell’odierna Polonia.
Ottobre 1956 – L’Armata Rossa invade l’Ungheria per reprimere l’insurrezione armata contro il regime filosovietico di Budapest.
Ottobre 1962 – “Crisi dei missili nucleari di Cuba”: Stati Uniti d’America e Unione Sovietica sono a un passo dal dichiararsi guerra.
20 novembre 1975 – In Spagna muore Francisco Franco, dittatore fascista al potere da quasi 40 anni. L’anno prima era toccato a Portogallo e Grecia aprirsi alla democrazia dopo anni di regimi illiberali di estrema destra.
9 novembre 1989 – Crolla il Muro di Berlino, simbolo di un’Europa divisa in due blocchi in guerra tra loro. Dopo quasi mezzo secolo la Germania si riunifica.
6 dicembre 1991 – La marina jugoslava bombarda Dubrovnik, in Croazia. Scoppia la prima delle cinque guerre della ex Jugoslavia. Dal 2013 la Croazia, quasi sicuramente, entrerà a far parte dell’Unione europea.
Gallarate, dicembre 2011 – C’è un problema di fiducia dei cittadini europei, non solo dei mercati, riguardo al futuro dell’Unione europea. Si sta diffondendo la sensazione che la fine dell’euro, e quindo delle istituzioni di Bruxelles, sia imminente. E’ un virus propagato dai mezzi di informazione, ed è un’eventualità prospettata dai politici; è un virus diffuso dai bollettini delle agenzie di rating, come Moody’s, che giudica non più insignificante la probabilità che si verifichino default a cascata nei paesi dell’eurozona, o come Standard & Poor’s, che ha messo sotto esame i bilanci di tutti gli Stati dell’eurozona. Sono espressioni tecniche per dire: è da mettere in conto la disgregazione dell’Unione europea. Un evento persino auspicabile secondo gli euroscettici; nell’ordine delle cose, per chi contesta l’Europa unita. Per me non è così. Certo, le istituzioni europee vanno migliorate sul piano della rappresentanza democratica e nei passaggi decisionali; e bisogna intervenire immediatamente sulla struttura dell’Unione europea per reagire alla grave crisi in atto, creando una vera unione fiscale e dispositivi che coprano tutti i debiti sovrani. Il progetto dell’Unione europea non può smottare, semmai deve fare un passo verso l’alto. I prossimi vertici saranno decisivi: o si sale uniti, o andremo in frantumi.
Negli anni passati c’erano già stati i segnali di una crisi di fiducia: prima la Costituzione è stata bocciata da due refereundum, in Francia e Olanda. In più la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, un bellissimo testo civico che parla di dignità dell’uomo, di libertà, uguaglianza, cittadinanza, solidarietà e giustizia, ha valore vincolante solo per 24 dei 27 Paesi; non hanno aderito alla Carta Gran Bretagna, Polonia e Repubblica Ceca. Se prima del 2011 raggiungere una sola identità per 500 milioni di persone sembrava un percorso in salita, oggi pare proibitivo. Il progetto dell’Unione europea è a un bivio della storia, e qualcuno si sta facendo spingere nella direzione sbagliata, che porta alla fine di un sogno. In futuro l’Europa, forse, non si presenterà mai con un solo grande ululato nei consessi mondiali, ma con tanti pigolii che rischieranno di essere ignorati dalle macropotenze come Stati Uniti d’America, Cina, Cina, Russia, India e Brasile.
Purtroppo questo bivio non è un’invenzione degli euroscettici o dei mercati. La crisi dei debiti sovrani sta mettendo a dura prova la tenuta dell’euro, la moneta unica introdotta in ben 17 Paesi, e la solidità delle istituzioni europee. L’Unione potrebbe sopravvivere a fallimenti pilotati di Grecia, Portogallo e Irlanda, ma non a quello dell’Italia, che ha un debito di quasi 2000 miliardi ed entro aprile deve finanziarsi sul mercato vendendo titoli di stato per quasi 200 miliardi. L’ostacolo maggiore per l’Italia era la credibilità, oltre che la precarietà dei conti, come ha affermato Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale; con la caduta del governo Berlusconi e l’incarico a Mario Monti, il paese ha riconquistato la fiducia dei partner europei e dei mercati. La salita dello spread, la differenza dei tassi di interesse fra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi, si è arrestata appena in tempo. Però adesso il problema non è più solo Roma, ma la credibilità dell’Europa intera; la prova è giunta il 23 novembre, durante un’asta di titoli di stato tedeschi: 1/3 sono rimasti invenduti perchè i tassi di interesse erano troppo bassi. Gli speculatori stanno già puntando al bersaglio grosso, Berlino. Fino all’ultimo un Berlusconi in stato confusionale aveva negato la crisi, nonostante da mesi circolassero rapporti che scommettevano sul default dell’Italia in stile Grecia (moneymorning), e grossi istituti finanziari avevano ridotto al minimo la loro esposizione sul nostro debito (Deutch Bank). Ma non è mica solo Berlusconi il colpevole di questa situazione: gli altri leader europei che cosa hanno fatto negli ultimi due anni per evitare questa resa dei conti?
Helmut Kohl, da cancelliere della Repubblica federale tedesca, decise di inglobare uno stato fallimentare, la Repubblica democratica tedesca, nonostante tutte le difficoltà che l’operazione presentava. Lui vide lontano, non si fermò ai problemi contingenti, e sapeva cos’era giusto fare. oggi Kohl afferma che la caduta dell’attuale Europa porterà sentimenti guerreschi fra i popoli, se i nostri leader non saranno in grado di prendere decisioni coraggiose. E l’attuale situazione, per molti analisti, è da imputare proprio a leader non all’altezza delle sfide contemporanee, di politici che si sono interessati alla pancia del loro elettorato invece di guardare lontano, alle nostre condizioni di vita fra 10, 20 anni. E’ il ritratto di Angela Merkel e di Nicholas Sarkozy, oltre che di Silvio Berlusconi: già nel 2009 si era capito che la Grecia, esposta sul mercato senza avere le coperture necessarie per ripagare i debiti con banche e fornitori, era fallita; eppure non hanno saputo reagire a quell’incendio circoscritto lasciando andare a fuoco l’intero edificio europeo. Già a inizio 2010 su angoloweb.net si descrivevano gli scenari che si stanno materializzando oggi: si presagiva, basandosi su valutazioni accessibili nei mezzi di informazione, che se i politici europei non avessero agito con lungimiranza, gli speculatori avrebbero spostato il mirino dalla Grecia agli altri Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia e Spagna); poi sarebbe toccato all’euro e di conseguenza all’Unione europea. Oggi, al di là delle previsioni, ci aspettano sacrifici nel breve periodo, ma è importante mantenere un certo grado di fiducia nonostante tutto. Mario Monti, da neo presidente del consiglio, ha affermato che l’Europa ha sempre reagito in modo positivo di fronte alle difficoltà: non solo ogni volta ha superato le prove della storia, ma si è rilanciata per creare un fututo migliore ai cittadini del continente. E anche stavolta deve andare così.
Per molti quelle di Monti sembrano aspettative difficili da condividere. L’attuale crisi finanziaria ed economica viene universalmente riconosciuta come la peggiore dal 1929 a oggi: eppure durante questi 80 anni gli Europei hanno vissuto l’inferno nazista e si sono rialzati dalle macerie della II Guerra Mondiale. A centinaia di milioni sono stati schiacciati sotto il comunismo, e sulla testa di tutti, fino a tre decenni fa, erano puntati decine di missili caricati con bombe atomiche; una potenziale pioggia di morte che poteva ridurre l’umanità a pochi superstiti. Oggi, poi, i cittadini europei si stanno confrontando con l’accoglienza di milioni di immigrati di culture e stili di vita molto diversi: dobbiamo far sì che recepiscano i principi e i valori della Carta dei diritti fondamentali, vera base della nostra cultura da tramandare di generazione in generazione. E gli Europei, come abitanti della Terra, devono fare i conti anche con l’emergenza del global warming; per nulla drammatizzati come meriterebbero, i cambiamenti climatici impongono decisioni veloci sull’abbandono dell’energia derivante dal carbon fossile. Quindi, se propiro vogliamo dirla tutta, le sfide per i cittadini europei e i loro leader sono molteplici. Se la risposta è lasciare che crolli l’euro, accettare la dissoluzione dell’Unione europea, sigillare di nuovo le frontiere, e tornare indietro di 80 anni, allora significa che la II Guerra Mondiale, la Guerra fredda, le crisi missilistiche, petrolifere e monetarie, le lotte ai vari terrorismi, ebbene, tutto questo non ci ha insegnato niente. I nostri nonni avevano intrapreso un percorso lunghissimo e lastricato di incognite: De Gasperi, Adenauer e Schumann, gli artefici dell’odierna Europa, si impegnarono con la certezza che non avrebbero mai assaporato il frutto del loro lavoro, ma in cuor loro sognavano un domani senza più attacchi aerei incrociati sulla Gran Bretagna, l’Italia, la Germania, la Francia. Un domani democratico, senza il pericolo che folli, paranoici e aspiranti dittatori raggiungessero il potere e lo mantenessero con leggi liberticide; come sta accadendo oggi nell’Ungheria del populista Viktor Orban, nell’indifferenza generale.
Quindi, per superare questa crisi finanziaria ed economica dobbiamo cambiare i trattati, così si potrà raggiungere una vera unione fiscale: nessun Paese potrà andare avanti con bilanci truccati (Grecia) o con un debito mostruoso (Italia). E’ l’altra strada del bivio che ci impone la storia; prendiamola, è la via giusta, quella che ci porta a nuovi orizzonti, a nuovi sogni: gli Stati Uniti d’Europa.
di Cristiano Arienti – 2 Dicembre 2011 – articolo pubblicato anche su www.angoloweb.net
In copertina: Guernica di Pablo Picasso
Fonti e link utili:
http://www.linkiesta.it/la-finanza-alla-prova-del-collasso-dell-euro
http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=udc-casini-politica-agenda-europa-terzo-polo-esecutivo (Giudizio di H. Kohl sull’attuale situazione)
http://www.internazionale.it/tag/ungheria-europa/