Cenk Uygur, Occupy Wall Street e la dichiarazione di indipendenza.
Sul palcoscenico di Occupy Wall Street, allestito al Zuccotti park di New York, è salito Cenk Uygur, opinionista di The Young Turks, una canale politico online che spopola su youtube e che ha ormai un ampio seguito negli Stati Uniti. La banda di The Young Turks parte da una piattaforma di valori democratici, tuttavia critica apertamente il presidente americano Barack Obama, giudicato troppo remissivo contro i repubblicani, e incapace di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale sul disimpegno militare all’estero, sulla politica energetica, e soprattutto sulle scelte in campo fiscale ed economico. Chi segue Cenk Uygur ha imparato ad apprezzare la sua capacità di cogliere i cortocircuiti che, secondo lui, sono alla base del malfunzionamento della società americana. I suoi bersagli preferiti sono i mainstream media come Foxnews e Cnn, gli esponenti di spicco repubblicani e conservatori, e soprattutto il mondo della finanza e delle grosse corporations, le società per azioni. Da oltre un mese The Young Turks copre mediaticamente le proteste di Occupy Wall Street, insistendo sul fatto che quegli indignati americani non sono lì solo a lamentarsi per una crisi che mina il loro futuro, ma hanno una serie di richieste ben precise. Ad esempio la fine della deregolamentazione in campo finanziario, un fisco più equo, il ritorno a una politica al servizio dei cittadini e non di chi foraggia le campagne elettorali. E proprio quest’ultima richiesta sembra essere il vero campo di battaglia dove si misurerà il movimento con quartier generale a Zuccotti Park. Importanti figure del mondo dell’economia, come Paul Krugman e Joseph Stiglitz, hanno espresso il loro favore per Occupy Wall Street, auspicando un cambiamento nel sistema politico; al tempo stesso però hanno sottolineato una mancanza di solidità nell’azione di queste persone, che si autodefiniscono apartitiche e senza leader. Il rischio implicito, secondo molti, è quello di disperdere la carica positiva del movimento se non si riesce a trovare il modo di incanalarla in un qualche progetto concreto. Un altro rischio è quello che il partito democratico metta le mani sul movimento, facendo proprie alcune delle istanze di Occupy Wall Street, ma senza avere la forza di un vero cambiamento, come quello promesso da Obama nel suo celebre slogan, “yes we can – sì, possiamo”. Il presidente, pur con tutta la sua buona volontà, si è scontrato con i rappresentanti del suo stesso partito, che hanno annacquato la riforma sanitaria e hanno azzoppato la legge sulla riduzione di CO2, prima che venisse definitivamente accantonata quando i repubblicani hanno conquistato il senato. E soprattutto, il presidente si è arreso al suo stesso ministro del tesoro, Tim Geithner, che ha impedito una seria riforma del sistema finanziario di Wall Street e, di conseguenza, della City londinese, epicentri della crisi del 2007/2008. Ma è lo stesso Obama ad aver espresso simpatia per i manifestanti di Zuccotti Park, nella speranza di poter riconquistare i liberal delusi in vista delle elezioni presidenziali del 2012. Insomma, nessuno poteva immaginare che un gruppo di ragazzi autoconvocatisi via web per occupare simbolicamente Wall Strett potesse raccogliere un seguito così imponente e un’attenzione mediatica così vasta; tuttavia pochi credono che oggi questo movimento possa arrivare al risultato prefissato: disinnescare la finanza che ha scatenato questa crisi, e che però non ha mai smesso di accumulare smisurati profitti alla faccia di chi ha perso la casa, il lavoro o il potere d’acquisto.
Ecco quindi che entra in scena il carismatico Cenk Uygur. Il 19 ottobre, in una serata di pioggia, il mattatore di The Young Turks ha recitato a Zuccoti Park una nuova “dichiarazione di indipendenza”, offrendo a Occupy Wall Street un obiettivo chiaro e preciso: colpire il sistema che lega la politica americana alle corporations, e far sì che Washington faccia l’interesse dei cittadini (99%), e non debba rispondere agli amministratori di qualche banca o compagnia petrolifera (1%). Nel 1776 gli Americani conquistarono l’indipendenza dalla monarchia britannica; oggi gli oppressori sono le varie Halliburton, Koch Brothers, Goldman Sachs, solo per citare alcuni colossi che, fra guerra in Iraq, Tea Party e manovre poco trasparenti sul mercato, hanno pesantemente influenzato gli Stati Uniti in politica interna ed estera, e sulle scelte in campo economico e finanziario. E come è possibile ottenere una simile risultato? Semplice (a dirsi): con il 28° emendamento della costituzione americana, dichiarando, cioè, che le corporations, in quanto società di capitali, non sono persone fisiche, e che quindi non potrebbero donare soldi per le campagne elettorali di chi si candida a rappresentare i cittadini americani. La pratica è diventata lecita a partire dal 1978, dopo un pronunciamento della corte suprema, e da allora è abusatissima, con il risultato che le multinazionali condizionano chi è deputato a legiferare. La campagna di Susana Martinez, oggi governatore del New Mexico, è stata foraggiata dalle industrie del gas e del petrolio. Non può stupire il suo feroce rifiuto di rispettare la legge di Obama sulla riduzione dell’emissione di CO2 per combattere il surriscaldamanto globale, che era passata al congresso. Per la Martinez ridurre l’emissione di anidride carbonica del 17%, più che andare contro il suo patto con i cittadini, avrebbe colpito gli interessi delle multinazionali che l’hanno aiutata a vincere le elezioni. Bisogna finanziarsi per viaggiare in lungo e in largo lo Stato e fare comizi, per comprare spazi televisivi e pagine di giornale, e per mettere in piedi un’organizzazione efficiente. E i politici americani più ambiziosi, i finanziamenti, li ricevono in larga misura dalle corporations. Per questo negli Stati Uniti una legge che riduca la CO2 non passerà mai finché le industrie del gas, del carbone e del petrolio metteranno sulla bilancia del voto una montagna di soldi, e sul piatto che scelgono loro.
Per promuovere il 28° emendamento Cenk Uygur, dottore in legge alla Columbia University, ha lanciato il sito web Wolf-Pac, il contenitore mediatico che promuove questa proposta in tutto il paese, e raccoglie i fondi per una campagna nazionale. Per emendare la costituzione americana ci sono due modi: il primo passa per il congresso e la corte suprema, istituti che Uygur definisce “venduti”. La seconda via, invece, taglierebbe fuori i “politici comprati dalle corporations”: si tratta di convincere i 2/3 degli Stati a convocare un assemblea costituzionale per discutere dell’emendamento. Affinché il congresso di ogni Stato giunga a convocare un’assemblea costituzionale, è necessaria una mobilitazione di massa in tutta America. Un obiettivo molto ambizioso; ma qualcosa di più concreto rispetto all’idea che basti assieparsi in un parco cittadino per impedire a Wall Street di dettare legge nei palazzi del potere. di Cristiano Arienti
“Dichiarazione di Indipendenza” pronunciata da Cenk Uygur a Occupy Wall Street
“Sono Cenk. Sono Cenk Uygur, di The Young Turks. Ho un annuncio da fare: stanotte abbiamo intenzione di cominciare una battaglia per riconquistare la nostra democrazia. I nostri politici sono venduti. Chi li ha comprati? Chi li ha comprati? Le corporations li hanno comprati. Le corporations non sono immorali; è che non hanno nessuna morale. Le corporations sono macchine per accumulare profitti. Non dobbiamo permettere a quelle macchine di avere la meglio sul nostro governo. Abbiamo bisogno di leader, di organizzatori; abbiamo bisogno di voi. Vogliamo un esercito per combattere in favore di un emendamento, per dichiarare che le corporations non sono persone. Non possono più comprare i nostri politici. Vogliamo occupare gli Stati per richiedere che convochino un’assemblea costituzionale. Per favore, aiutateci a combattere quelle macchine. Da stanotte la battaglia è comune. Da ora in avanti non saranno loro a inseguirci, ma saremo noi che andiamo a prenderli. Se volete essere di aiuto, andate sul nuovo sito web wolf-pac.com. Lo abbiamo chiamato “branco di lupi” perchè andiamo a prenderli. Unitevi a noi. Uniti, siamo una vera forza. Grazie per essere venuti, vi voglio bene. Questo parte da lontano, e va avanti da molto tempo. C’è speranza. Possiamo reagire. Noi reagiremo e vinceremo.”
Cenk Uygur a Zuccotti Park, New York, 19 Ottobre 2011 – Traduzione di Cristiano Arienti